Il limite era già stato superato da tempo. Ma, evidentemente, in Italia ormai il limite non c’è. E quanto sta succedendo è seriamente preoccupante.
Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, parlando della Ministra dell’integrazione Cecile Kyenge durante una festa della Lega a Treviglio ha affermato: “Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango”.
Sicuramente, se una persona apostrofasse in questi termini un’altra, lo segnaleremo nel nostro database sui casi di razzismo. Come abbiamo già fatto per tutte le affermazioni razziste che vari esponenti della Lega Nord hanno rivolto alla Ministra. E come faremo anche per questo episodio, ancora più grave, perché il protagonista ricopre una carica istituzionale, peraltro molto alta.
Ma l’evidenza, ancora una volta, viene negata. Prima di tutto dallo stesso Calderoli, che oggi si è scusato davanti all’aula di Palazzo Madama. Anche se forse scusato non è proprio la parola giusta.
“Ho commesso un errore gravissimo, ho fatto una sciocchezza ma il giudizio sul mio ruolo di vicepresidente deve essere dato su quello che faccio in questa Aula”, ha detto Calderoli, aggiungendo: “Il mio errore è grave ma non è razzismo, il ministro Kyenge ha accettato le mie scuse e le manderò un mazzo di rose, non attaccherò mai più un avversario politico con parole così offensive. Ma non farò mai sconti a questo governo”.
Calderoli fa passare in secondo piano le sue parole, le banalizza. Invece, sono ben lontane dall’essere una sciocchezza o un errore. Sono, invece, una chiara indicazione dell’ideologia del vicepresidente del Senato: un’ideologia razzista, che considera normale offendere una persona per il colore della pelle. E sono inoltre spia di una supponenza confermata anche dal fatto che Calderoli manderà “un mazzo di rose” alla Ministra.
Nonostante le polemiche e i numerosi annunci di richiesta di dimissioni avanzate da Pd, Sel e Scelta Civica, Calderoli afferma: “Non mi dimetto. Sono un vicepresidente di opposizione. Avrei dovuto rispondere solo a chi mi ha votato ma sarei stato pronto a farlo se nell’ufficio di presidenza ci fosse stata un’amplissima maggioranza che me l’avesse chiesto. Ma così non è stato”.
E’ vero: così non è stato. E questo ben evidenzia il senso di responsabilità della classe politica italiana che non si schiera in maniera omogenea contro episodi di “imbarbarimento della vita civile” (l’espressione è del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano) come questi. Proprio il Presidente era stato criticato dal segretario lombardo della Lega Matteo Salvini, che sul suo profilo Facebook aveva scritto: ”Napolitano si indigna per una battuta di Calderoli. Ma Napolitano si indignò quando la Fornero, col voto di Pd e Pdl, rovinò milioni di pensionati e lavoratori? Napolitano, taci che è meglio!”. L’assessore veneto leghista Daniele Stival ha condiviso sul social network un post dove la vittima delle parole di Calderoli viene indicata nell’orango, “una creatura di Dio che non si può paragonare ad un ministro congolese”. Anche qui, polemica, scuse e post rimosso.
Gli atteggiamenti – questi come altri passati – di alcuni esponenti leghisti non sono casuali e non sono battute. Sono “provocazioni calcolate”, come afferma Gad Lerner in un’intervista a La Repubblica, parlando di “un gioco razzista che diventa violenza”. Sono funzionali a creare un clima estremamente aggressivo, come dimostrano anche, ad esempio, i cappi e i manifesti contro l’immigrazione appesi da alcuni militanti di Forza Nuova davanti al Palazzo del Provincia di Pescara, dove ieri era in visita la Ministra.
Ci pensano all’estero a darci una chiara lettura di quanto sta succedendo. “Il razzismo viene tollerato a ogni livello, anche dalla sinistra. E uno dei problemi è stabilire cosa è razzista. Lo dimostra il fatto che Calderoli definisce le sue parole ‘una battuta’. Quando io vedo Roberto Calderoli non posso non pensare a un ignorante razzista”, scrive John Foot sul quotidiano inglese The Guardian, aggiungendo che “le cose stanno cambiando, ma in maniera dolorosamente lenta”. Anche Lee Marshall prende posizione e, dalla rivista L’Internazionale, chiede a Calderoli, in una lettera aperta, di fare una cosa “seria e colta”, come fanno “gli umani che si sono dimostrati indegni del ruolo istituzionale che ricoprono. Per favore, si dimetta”.
Il razzismo è tollerato, e lo dimostra anche la posizione del Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni: sollecitato dal Presidente del Consiglio Enrico Letta ad allontanare Calderoli, afferma che per lui “il caso è chiuso”.
Per dare un segnale di una vera volontà di cambiamento, per un’Italia che abbia, finalmente, il coraggio di allontanare dalle proprie istituzioni chi porta avanti idee aggressive, razziste, sessiste, è importante sostenere la petizione che chiede, dal basso, le dimissioni di Calderoli. Il quale, in qualità di rappresentante di un’istituzione italiana, dovrebbe sapere che deve rispondere a tutti i cittadini italiani e non solo al suo schieramento politico.