In un nuovo rapporto, Amnesty International denuncia che migliaia di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, bambini inclusi, in viaggio lungo la pericolosa “rotta dei Balcani“, subiscono violenze ed estorsioni ad opera delle autorità e di bande criminali, e vengono vergognosamente abbandonati a sé stessi dal sistema d’immigrazione e asilo dell’Unione europea, che li lascia intrappolati in Serbia e Macedonia privi di protezione.
Il rapporto, intitolato “Frontiere terrestri europee: violazioni contro migranti e rifugiati in Serbia, Macedonia e Ungheria”, evidenzia come un numero sempre maggiore di persone vulnerabili vengano abbandonate in un limbo giuridico lungo i Balcani. La situazione è aggravata dai respingimenti e dalle espulsioni a ogni singola frontiera, dalle restrizioni all’accesso alle procedure d’asilo lungo il viaggio e dall’assenza di percorsi sicuri e legali d’ingresso nell’Unione europea.
Il rapporto si basa su quattro missioni di ricerca effettuate in Serbia, Ungheria, Grecia e Macedonia tra luglio 2014 e marzo 2015 e su oltre 100 interviste a rifugiati e migranti. Le testimonianze di questi ultimi mettono in luce le tremende condizioni che affrontano coloro che intraprendono il viaggio lungo la “rotta dei Balcani”, che ha preso il posto di quella del Mediterraneo quale percorso più frequentato da chi è diretto verso l’Unione europea. Il numero delle persone fermate solo lungo il confine tra Serbia e Ungheria è passato da 2370 nel 2010 agli attuali 60.602, con un aumento di oltre il 2500 per cento.
La “rotta dei Balcani”, che inizia dalla frontiera marittima tra Turchia e Grecia e porta rifugiati e migranti lungo Macedonia e Serbia fino in Ungheria, è leggermente meno mortale di quella che dalla Libia attraversa il Mediterraneo ma è comunque piena di pericoli e ostacoli.
Dal gennaio 2014, 123 rifugiati, richiedenti asilo e migranti sono annegati nel tentativo di attraversare il mar Egeo e 24 sono rimasti uccisi lungo le ferrovie.
Il sempre maggior numero di migranti e rifugiati che si muove lungo la “rotta dei Balcani” è la conseguenza del più ampio fallimento delle politiche europee in materia d’immigrazione e asilo, sulle quali Macedonia e Serbia non hanno alcun controllo. Attribuire la principale responsabilità di esaminare le richieste d’asilo al primo paese d’ingresso dell’Unione europea e limitare i percorsi sicuri e legali d’ingresso hanno posto un onere insostenibile sui paesi della frontiera esterna e su quelli con loro confinanti. Invece di dare priorità al miglioramento del sistema d’asilo nei paesi lungo la “rotta dei Balcani”, l’Unione europea ha investito massicciamente nel tentativo di rafforzare il sistema di “gestione della frontiera”.
Secondo i dati raccolti da Amnesty International, tra il 1° gennaio e il 22 giugno 2015 61.256 migranti, richiedenti asilo e rifugiati sono arrivati in Italia e 61.474 in Grecia.
Degli oltre 21.000 rifugiati e migranti che hanno intrapreso la “rotta dei Balcani” occidentale nel 2014, più della metà proveniva dalla Siria. Altri erano originari di Afghanistan, Egitto, Eritrea, Iraq, Nigeria, Somalia, Sudan e Tunisia. A partire dal marzo 2015, il primo ministro e il ministro degli Esteri dell’Ungheria hanno intensificato la retorica anti-immigrati, minacciando anche l’introduzione di una legge che consentirebbe l’immediato arresto e respingimento di migranti irregolari e la costruzione di una barriera per impedire l’ingresso a migranti, richiedenti asilo e rifugiati provenienti dalla Serbia.
Il rapporto di Amnesty International contiene una serie di raccomandazioni per ridurre la pressione sugli stati, causata dall’assenza di politiche europee in grado di soddisfare le necessità di una maggiore solidarietà globale in risposta alla sempre più grave crisi del rifugiati e di una maggiore solidarietà interna tra gli stati membri, che attualmente condividono in modo iniquo la responsabilità dell’accoglienza dei richiedenti asilo.
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