Non abbiamo fatto in tempo a far calare un dignitoso silenzio sul recupero straziante dei cadaveri dopo il tragico naufragio dello scorso 23 novembre a un miglio dalla costa dell’Isola dei Conigli, che ci risiamo. Ieri, un altro barcone si è capovolto, questa volta nell’oceano Atlantico davanti alle coste della Mauritania. Lo ha reso noto, con un comunicato, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che ha fatto sapere che l’imbarcazione è rimasta senza carburante a poche miglia marine dalla costa della Mauritania. Il portavoce dell’Oim, Leonard Doyle, ha dichiarato ad Al Jazeera che l’imbarcazione che trasportava i migranti non era adatta a quel tipo di navigazione ed era sovraffollata. “Questa tragedia ci dice molto della indifferenza dei trafficanti che ovviamente hanno preso i soldi e dopo sono scomparsi nel deserto”. “Questo è il vero problema – ha sottolineato Doyle – lo sfruttamento delle persone alla ricerca di una vita migliore”. Secondo le autorità mauritane, che hanno immediatamente avviato i soccorsi, non c’è alcuna speranza di trovare altre persone in vita. Continuano invece le ricerche dei corpi senza vita, che in alcuni casi sono stati trasportati a terra dalle onde.
Almeno 58 migranti sono morti, stando alle fonti ufficiali. 83 le persone che sono riuscite a mettersi in salvo nuotando sino a riva. Il bilancio delle vittime è uno tra i più alti registrati quest’anno. Il barcone era partito dal Gambia il 27 novembre scorso e c’erano almeno fra le 150 e le 180 persone a bordo, tra cui donne, bambini e cittadini gambiani fra il 20 e i 30 anni. Il barcone era diretto alle isole Canarie. Le autorità locali si stanno coordinando con il consolato del Gambia per assicurare che venga fornito il necessario supporto ai migranti mentre si trovano a Nouadhibou. Per il momento le autorità del Gambia non hanno fatto commenti ufficiali.
Ma oltre alle stragi palesi, ci sono anche quelle nascoste, non raccontate, quelle che finiscono nel dimenticatoio. Due delle tante barche in pericolo che hanno chiamato Alarm Phone dal Mediterraneo centrale nel mese di novembre sono scomparse: “Temiamo che si tratti di due naufragi invisibili e silenziosi, che le autorità Europee si rifiutano di riconoscere”. Il 21 novembre era arrivata la chiamata da 94 persone in fuga dalla Libia su un gommone che si stava sgonfiando. “Due ONG, Open Arms e Aita Mari, l’hanno cercato tutta la notte invano. Le autorità europee hanno rifiutato di intervenire e di riconoscere il potenziale naufragio”. Il secondo episodio una settimana più tardi, il 29 novembre: “70 persone ci hanno chiamati dalla zona SAR di Malta mentre stavano imbarcando acqua. Abbiamo allertato le autorità europee e Alan Kurdi. Malta ha riferito che hanno cercato la barca senza trovarla. Da allora nessuna risposta, solo silenzio”.
Non sapremo mai cosa sia successo a queste persone. Tutto questo silenzio finisce per rendere queste morti invisibili. E questo silenzio è complice. Così facendo copre le responsabilità politiche di una Europa sorda e quasi indifferente a queste sofferenze umane quotidiane.