La nuova rotta Balcanica sposta di giorno in giorno il suo baricentro. Oggi tocca alla Serbia, dove stanno arrivando migliaia di persone, dopo che la Macedonia ha rinunciato al blocco della frontiera con la Grecia, con un miglioramento della situazione nella località di confine di Gevgelija. I dati delle ultime ore parlano di oltre 23 mila profughi nelle ultime due settimane. Tra loro tante donne e bambini, intere famiglie che percorrono a piedi sotto il sole centinaia di chilometri pur di scappare dai drammi che coinvolgono i loro Paesi d’origine. In Serbia, sono stati allestiti quattro centri di accoglienza, due a sud, e due a nord al confine con l’Ungheria, dove quasi tutti i profughi intendono recarsi. Ma per entrare in Ungheria bisogna superare il muro metallico e di filo spinato alto quattro metri che il governo conservatore di Viktor Orban ha deciso di erigere a scopo ‘difensivo’ lungo tutti i 175 chilometri della frontiera con la Serbia. Inoltre, la conclusione della barriera, prevista inizialmente per novembre, è stata anticipata per fine agosto (ne avevamo parlato qui e qui). Il problema è che, una volta giunti in Serbia, i migranti possono presentare domanda di asilo, ma la stragrande maggioranza ottiene un permesso di soggiorno temporaneo di 72 ore solo per poter attraversare il territorio serbo e dunque raggiungere l’Ungheria, con tutti i mezzi possibili.
Nel frattempo, per non essere da meno anche la Bulgaria ha rafforzato il controllo lungo il confine con la Macedonia, inviando unità di rinforzo di veicoli militari e blindati in caso “s’incrementasse a dismisura” il flusso di migranti, come riferisce il ministero della Difesa. “In questa fase, rafforzeremo i controlli alle frontiere solo come misura preventiva”, come riportato dall’agenzia “France Presse”.
E a tutto ciò viene ad aggiungersi anche l’allarme lanciato dall’Alto commissariato per i rifugiati: “Attualmente stimiamo che gli arrivi continueranno nei prossimi giorni a un ritmo di 3mila persone al giorno”, ha dichiarato alla stampa la portavoce dell’Unhcr, Melissa Fleming, aggiungendo che l’agenzia sta lavorando con le autorità serbe per affrontare le necessità di almeno 10mila persone. “Il flusso – ha sottolineato Fleming – è destinato ad aumentare per il perpetuarsi delle violenze in Siria e Iraq e per il deterioramento delle condizioni in Libano, Turchia e Giordania“.
Ma da Ginevra, dopo l’intervento al Die Welt del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker (leggi qui) arriva anche la dichiarazione di Francois Crépeau, relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti: “La costruzione di recinti, l’uso di gas lacrimogeni e altre forme di violenza contro migranti e richiedenti asilo, il ricorso alla detenzione, il negare o il trattenere l’accesso a un riparo, il cibo o l’acqua, nonché l’impiego di un linguaggio minaccioso o discorsi di odio non dissuaderà i migranti dal venire o dal cercare di venire in Europa (…) La sovranità territoriale si basa sul controllo delle frontiere, per sapere chi entra e chi esce. Non si è mai trattato di chiudere ermeticamente il confine alla migrazione (…) Le frontiere democratiche sono porose per natura. Fornendo a migranti e richiedenti asilo soluzioni legali e sicure di mobilità si permetterà un tale controllo”, riporta l’Ansa italiana.
Ma la stampa italiana non riporta il resto della dichiarazione, che ha, tuttavia, una notevole rilevanza: “European leaders should do more to open up and help migrants instead of using language that dismisses their rights. Talking about “marauders” and “swarms” was an unsubtle way of dismissing their legitimacy (…) European countries should open official channels and their labour markets to migrants because building fences would not stop them coming” (clicca qui per leggere l’intero comunicato in inglese).