Twitter fornirà alla giustizia francese i dati utili a risalire all’identità degli utenti che diffondono messaggi antisemiti e razzisti: finisce così una battaglia legale iniziata nell’ottobre 2012 da alcuni gruppi e associazioni, tra i quali come capofila l’Unione degli studenti ebrei di Francia (Uejf).
La questione era iniziata con la diffusione degli hashtag #UnBonJuif e #UnJuifMort (rispettivamente “un buon ebreo” e “un ebreo morto”) divenuti in poco tempo virali.
L’Uejf aveva chiesto al social network di fornire alla giustizia i dati degli utenti che diffondevano messaggi razzisti, richiesta confermata a gennaio da un tribunale francese. Ma, nonostante l’intervento della magistratura, il social network aveva deciso di andare contro la sentenza, preferendo pagare la penale di mille euro al giorno. Una decisione che gli era costata una denuncia, sempre da parte dell’Unjf, e la richiesta di 38,5 milioni di euro come risarcimento danni. Sulla vicenda era intervenuto anche il presidente francese François Hollande, chiedendo di dare applicazione all’ordinanza della magistratura.
Twitter è così tornato sui propri passi: la società di San Francisco consentirà l’identificazione degli utenti che diffondono messaggi razzisti.
Già nell’ottobre scorso in Germania, Twitter, su richiesta del governo tedesco, aveva bloccato un gruppo neonazista: una misura presa dopo la nuova disciplina adottata in materia, entrata in vigore a gennaio, che consente al social network Usa di bloccare contenuti nei vari paesi se i tweet violano le leggi locali.
La situazione che si è verificata in Francia riguarda in realtà moltissimi Paesi, e vede contrapposto il diritto alla privacy degli utenti con la necessità di combattere i messaggi razzisti, sempre più diffusi nel web. E, alla grande complessità che la caratterizza, corrisponde un’altrettanta necessità di affrontarla in modo concreto e urgente: anche in Italia l’uso dei social network è sempre più esteso, e sono frequenti i casi in cui gli utenti – tra cui anche personaggi istituzionali – li utilizzano per la diffusione di contenuti razzisti.