“I miei figli sono nati qui, io ho lavorato qui, sono qui da 17 anni, e mi sento sempre straniero. Ma perchè?” La domanda è semplice e riassume la situazione in cui si trovano molte persone di origine straniera che vivono in Italia.
In questo caso, a farla è il giocatore di una squadra di calcio, il Casablanca. Una squadra formata da uomini marocchini, che gareggia nel campionato Uisp di Forlì. E che da anni gioca con un sottofondo di insulti razzisti. “Siete arrivati col gommone, venite qua solo a rubare, tornate a casa vostra.. è dal 2002 che giochiamo e ne abbiamo sentite tante”.
Così tante che, nonostante la voglia di continuare, stanno pensando di lasciare il campionato. Che è già stato sospeso “temporaneamente, in attesa di accertamenti e in solidarietà con i ragazzi”, come afferma Giuseppe Giletto Lazzaro, presidente della lega calcio Uisp Forlì-Cesena. La scelta della lega calcio è dettata dalla “volontà dell’associazione di sottolineare il proprio impegno contro ogni forma di discriminazione”.
Anche Roberto Balzani, sindaco di Forlì con delega proprio allo sport, si schiera con il Casablanca, che verrà ricevuto domani nella sala della giunta insieme ai rappresentanti della Uisp di Forlì-Cesena.
La storia del Casablanca riflette non solo un problema presente nello sport: è lo specchio di una società ancora escludente. Le scelte compiute dalla classe politica negli ultimi anni non hanno facilitato la costruzione di un’immaginario differente, e la stessa cosa si può dire del linguaggio usato dai mezzi di comunicazione di massa, troppo spesso legati a un sensazionalismo di fondo che predilige la costruzione di pregiudizi e divisioni.
A livello locale, il sindaco di Forlì vuole dare dei segnali dei vicinanza: domani consegnerà ai giocatori la riproduzione del sigillo di Caterina Sforza, segno di amicizia e simbolo della comunità di Forlì.
Sono invece tanti gli esempi nazionali che vedono derubricare insulti e offese a battute o uscite personali. A quando scelte concrete e prese di responsabilità?