Roberto Pirrone è stato condannato ieri, 7 gennaio, a 16 anni di reclusione, con rito abbreviato, per l’omicidio del cittadino senegalese Idy Diene, avvenuto il 5 marzo 2018 sul ponte Vespucci a Firenze (noi ne avevamo parlato qui). “Vidi un’ombra, il ponte era vuoto, sparai, non so perché, io ero in realtà uscito di casa con l’intenzione di uccidermi”: queste le parole di Roberto Pirrone che, tuttavia, non hanno convinto il giudice. La casualità dell’incontro e del gesto omicida, sottolineati dall’imputato, non hanno retto alla tesi del pm, che, durante il processo, ha sempre sostenuto che vi fosse una contraddizione stridente fra l’ipotizzare il suicidio, l’uscire di casa con un’arma carica e il dirigersi verso un luogo affollato, invece che appartato.
Tuttavia, le testimonianze di numerosi passanti e la scelta dichiarata di Pirrone di risparmiare alcune persone, e di colpire invece Idy non sono valse a considerare “l’aggravante dell’odio razziale” come motivazione del gesto, né nel corso dell’inchiesta della procura di Firenze né nella sentenza. Ricordiamo che, alcuni giorni dopo l’omicidio, a Firenze, marciarono pacificamente in 10mila per ricordare Diene e per dire ”no” al razzismo.
Pirrone è stato definito “capace di intendere e di volere” in una perizia psichiatrica acquisita in incidente probatorio. La difesa ha evidenziato che si tratta di “una persona che proviene da un situazione di disperazione, con una grande sofferenza interiore, repressa”. Per questi motivi, il gup del Tribunale di Firenze non ha riconosciuto l’aggravante dei futili motivi (contestata dalla pubblica accusa), né ha concesso le attenuanti generiche. Il pm aveva chiesto una condanna a 24 anni, ma tenendo conto della riduzione di pena prevista dal rito abbreviato, si è arrivati a 16 anni. Il gup ha disposto, inoltre, una provvisionale per la moglie della vittima da 100mila euro, e altre due da 75mila e 50mila euro per i figli e per altri parenti del cittadino senegalese. Kene Mbengue, lo ricordiamo, aveva perso il suo primo marito, Samb Modou, nella strage di piazza Dalmazia, sempre a Firenze (13 dicembre 2011). Poi aveva sposato Idy Diene, ucciso sul ponte Vespucci. Impaurita e disperata, era tornata a vivere in Senegal. Da poco, ha deciso di rientrare in Italia.
Roberto Pirrone, presente in aula, ha ascoltato in silenzio la lettura della sentenza.
«Sedici anni mi sembrano molto, molto pochi – ha commentato Pape Diaw, rappresentante della comunità senegalese -. Per un omicidio così efferato, quasi un’esecuzione. Non si commentano le sentenze dei tribunali, ma una sentenza del genere non dà un gran segnale. Ne prendiamo atto, questa è la giustizia. Se venissero dati 25, 30 anni di carcere, una persona ci penserebbe due volte prima di sparare. Tutti gli omicidi a sfondo razziale, però, in Italia, penso anche ai fatti di Macerata e agli omicidi di Firenze non hanno previsto pene troppo pesanti. Se un nero sparasse ad un bianco, verrebbe condannato a 25 anni. Questa è una cosa che fa riflettere».
Si attende di leggere le motivazioni della sentenza che saranno depositate e rese note tra 60 giorni. Presumibilmente proprio nei giorni dell’anniversario della morte di Idy.