Sono tanti gli aspetti contenuti nelle 62 pagine del rapporto #Filierasporca 2016 dal titolo “La raccolta dei Rifugiati. Trasparenza di Filiera e responsabilità sociale delle aziende” presentato oggi a Roma. Per il secondo anno consecutivo, a denunciare lo sfruttamento di lavoratori italiani e richiedenti asilo nell’agricoltura sono le associazioni Terra! Onlus, daSud e Terrelibere.org. L’urgenza di un secondo rapporto #FilieraSporca sullo sfruttamento del lavoro in agricoltura è nata dalla necessità di dover fare il punto su quanto è successo nel corso di un anno di Campagna di pressione, con oltre dieci morti nei campi alle spalle e centinaia e centinaia di braccianti, stranieri e non, ancora sfruttati nei campi. Questo secondo rapporto scava ancora più in profondità le opacità già rilevate lungo l’intera filiera, dimostrando l’assoluta non competitività della filiera, mostrando le falle di un settore in crisi che si nutre di sfruttamento e che, andando di questo passo, rischia di scomparire, lasciando marcire un settore, quello agrumicolo, che invece dovrebbe essere il fiore all’occhiello del made in Italy. “Buona parte del dibattito pubblico – rileva il rapporto- è tuttavia ancora concentrata sul caporalato (l’effetto), quasi mai sulla filiera (la causa). Ma se oggi, come per magia, i caporali non esistessero più, esisterebbe ancora lo sfruttamento del lavoro? I braccianti, stranieri e non, verrebbero ancora sfruttati? La risposta è drammaticamente semplice: sì”. Questo secondo rapporto svela come il C.a.r.a. di Mineo – comprensorio nato per ospitare i militari dell’ex base statunitense di Sigonella e che dal 2011, con i suoi circa 4 mila ospiti, è diventato uno dei centri per rifugiati più grandi d’Europa – sia il luogo da cui ogni mattina i richiedenti asilo, inforcata la bicicletta, si
recano nei campi a raccogliere quelle arance destinate al nostro consumo. “Volendo fare una classifica della trasparenza – prosegue il rapporto- sono pochi a uscirne indenni. Mentre la Coop risponde alle sollecitazioni della campagna #FilieraSporca, altre aziende, tra cui Parmalat, Conad, Nestlè, rifiutano di rispondere lasciando quel dubbio irrisolto sulle loro responsabilità. Da un lato l’opacità delle aziende, dall’altra la Politica e le Istituzioni che insistono e agiscono quasi esclusivamente su politiche repressive“. Nelle conclusioni, si auspica la necessità di adottare misure che devono essere preventive, eliminando cioè quei presupposti che determinano lo sfruttamento, agendo quindi sulle cause del fenomeno.
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