Sono stati presentati a Roma, il 24 giugno, il rapporto e la campagna “Filiera sporca. Gli invisibili dell’arancia e lo sfruttamento nell’anno di Expo”, un’iniziativa curata da Terra! Onlus, Associazione antimafie daSud e Terrelibere, che vuole mettere in luce gli aspetti sommersi di una filiera che, a volte, anche a causa della burocratizzazione, nasconde sfruttamento e altri tratti di illegalità.
La campagna “Filiera sporca” nasce con l’idea di ricostruire la filiera dell’agroalimentare, perché in essa si annida spesso lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, seguendo il percorso dei frutti dai campi agli scaffali dei supermercati. Le arance rosse dell’Etna esportate in tutto il mondo, il biondo calabrese mischiato col succo brasiliano che finisce nelle lattine delle multinazionali, le clementine di Sibari portate nei banconi di tutta Italia.
Il cuore della filiera è un ceto di intermediari che accumula ricchezza, organizza le raccolte usando i caporali, determina il prezzo. Impoverisce i piccoli produttori e acquista i loro terreni. Causa la povertà dei migranti e nega un’accoglienza dignitosa.
Nell’anno di #Expo2015, #FilieraSporca propone la responsabilità solidale di supermercati e multinazionali, che devono rispondere per quanto avviene anche nei livelli inferiori della filiera. E norme per l’etichettatura trasparente, attraverso l’elenco pubblico dei fornitori, perché informazioni chiare permettono ai consumatori di scegliere prodotti “slavery free”.
#FilieraSporca è il rapporto che fa luce sulle condizioni di sfruttamento dei braccianti nelle campagne di Sicilia e Calabria. Attraverso interviste sul campo, dati e confronto con gli operatori del settore si ricostruisce un modello produttivo gestito dai grandi commercianti locali in cui si inseriscono gli interessi dei caporali e della criminalità organizzata.
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