Il 5 Luglio 2016, Emmanuel Chidi Nnamdi fu ucciso in modo preterintenzionale, non per legittima difesa, bensì per motivi razzisti: si è espressa così la Corte di Cassazione sull’aggressione che, ormai più di un anno fa, costò la vita di Emmanuel Chidi Nnamdi, cittadino nigeriano morto nel centro della città di Fermo, sotto i colpi inferti da Amedeo Mancini. Per l’aggressore – che, dopo otto mesi di arresti domiciliari, da giugno 2017 è libero, con l’unica limitazione dell’obbligo giornaliero di firma presso i Carabinieri – è stato confermato il patteggiamento a 4 anni.
Era stata proprio la difesa di Mancini a interpellare la Corte Suprema, presentando un’istanza affinché fosse cancellata l’aggravante di razzismo dalla sentenza di patteggiamento, con cui si era ammessa l’attenuante della provocazione. L’istanza è stata rigettata: la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando l’aggravante razzista. “Questa vicenda non poteva che chiudersi con questa pronuncia – ha commentato l’avvocato difensore della parte lesa, ossia Emmanuel e la moglie – La giustizia ha fatto il suo corso, stabilendo definitivamente chi era l’aggressore e chi l’aggredito, e per quale motivo Emmanuel è stato aggredito. Sin dall’agosto 2016 – ha ricordato l’avvocato – anche il Tribunale del riesame di Ancona negò la scarcerazione al Mancini, dato che dalla ricostruzione minuziosa dei fatti non emergeva nessuna possibilità per la difesa dell’imputato di sostenere alcuna tesi assolutoria. L’unica strada percorribile per la difesa del Mancini era quella del patteggiamento della pena, al fine di evitare una condanna ben più pesante in caso si fosse andati ad un regolare processo”.
“Emmanuel è stato vittima della violenza razzista, e questa sentenza chiarisce che non vi fu alcuna legittima difesa da parte dell’omicida”, rimarcano il Comitato 5 Luglio e il Coordinamento per l’accoglienza e contro tutte le discriminazioni, sottolineando come questa sentenza tolga “ogni legittimità ad un anno di tentativi di mistificazione dei fatti, di minimizzazione dell’accaduto e di denigrazione della vittima”. Le due realtà nate dopo il tragico omicidio si riferiscono alla narrazione distorta e falsata rispetto a quanto avvenuto, generalmente derubricato come “rissa” dalla maggioranza dei media, tanto locali quanto nazionali. Anche sul piano politico, in particolare in ambito locale, non c’è mai stata una condanna netta dell’aggressione razzista che ha portato alla morte dell’uomo. Addirittura, i consiglieri del Movimento 5 Stelle Marco Mochi e Marco Temperini in un’interrogazione avevano chiesto all’amministrazione l’apertura di un contenzioso per richiesta danni all’immagine della città (All’omicidio di Emmanuel Chidi Nnamdi abbiamo dedicato un capitolo del Libro Bianco sul razzismo in Italia, consultabile qui).
Di fronte alla gravissima vicenda, e a come è stata trattata, il Comitato 5 Luglio e il Coordinamento contro le discriminazioni alzano “un grido di allarme sul diffondersi di un clima di xenofobia e razzismo sempre più preoccupante”. Un allarme che è ancora più necessario ascoltare oggi se si pensa alla “presenza sempre più palese ed arrogante di ambienti violenti e neofascisti, che si nutrono di menzogne e paure costruite ad arte”: proprio la pericolosità di queste presenze dovrebbe portare a comprendere “quanto sia sbagliata ed irresponsabile una sottovalutazione, di fronte al crescere di questi fenomeni, da parte delle stesse istituzioni”.
La sentenza della Corte di Cassazione dovrebbe mettere la parola fine a questa terribile vicenda, almeno dal punto di vista giudiziario. Ma Comitato e Coordinamento sollecitano una presa di consapevolezza e coraggio: “Su Fermo – dichiarano – resta terribilmente aperta una ferita che la nostra città deve saper guardare, per evitare che fatti come questi possano ripetersi e per spiegare ai giovani la gravità di atteggiamenti, parole, atti ispirati a sentimenti violenti, razzisti, disumani”. Anche per questo, per il valore della memoria e per il ruolo che questa ha nella costruzione del modello di società cui guardiamo, le due realtà sollecitano l’apposizione di una targa in memoria di Emmanuel Chidi Nnamdi. Una proposta abbracciata dalla lista civica Fermo Migliore: il capogruppo Massimo Rossi in una lettera indirizzata al sindaco Paolo Calcinaro sottolinea che lo scopo della proposta, oltre a rappresentare “un doveroso omaggio alla memoria di un essere umano in fuga da terribili tragedie, che invece di ottenere la dovuta protezione, tra le mura della città ha trovato una morte violenta e ingiustificabile”, ha l’obiettivo di “trasformare quella tragedia in un monito per le future generazioni: un’occasione costante e perenne di riflessione sulle conseguenze a cui possono condurre la deriva dei valori di civiltà e solidarietà umana”. Proprio per questo, sulla targa andrebbe riportato, oltre al nome della vittima e alla data dell’omicidio, anche la causa di quella morte, “senza la cui indicazione tale installazione non avrebbe alcuna funzione costruttiva di memoria”. E la causa è, come sentenziato dalla Cassazione, una violenza razzista.
Serena Chiodo