“Chi semina vento, raccoglie tempesta” recita un antichissimo proverbio, tuttora molto usato, che deriva da un libro dell’Antico Testamento. E come molti proverbi, resta d’attualità. Nel nostro caso, si è seminato odio. E per la prima volta, la “tempesta” è arrivata.
Da tempo non si vedevano contemporaneamente in piazza i militanti di CasaPound e Forza Nuova, quelli di Fratelli d’Italia e quelli leghisti. Eppure, ieri erano lì, a Montecitorio, fra bandiere italiane e saluti romani, con il sottofondo musicale dell’inno nazionale (l’hashtag che ha spopolato sui social era #PapeeteInPiazza, richiamando i party di Milano Marittima). Quanto si è visto in piazza ha riassunto magistralmente il risveglio della peggior destra nazionalista, razzista, xenofoba e oscurantista d’Europa. Una sorta di “prova generale” di quello che potrebbe essere l’acclamato raduno sovranista del 19 ottobre.
Eppure, sui social numerosi utenti si stavano scagliando contro i manifestanti fascisti per gli spudorati saluti romani, chiedendosi come mai la Polizia non fosse intervenuta dinnanzi ad una palese apologia del fascismo, il tutto in una pazzesca mescolanza di fake news, fra quelle che riportavano masse di fascisti in piazza e quelle che riportavano foto di falsi saluti romani. In questo contesto si colloca la notizia di ieri: Facebook e Instagram (lo stesso non è invece avvenuto su Twitter) hanno oscurato numerose pagine e account appartenenti a responsabili nazionali, locali e provinciali di Casapound e Forza Nuova (dai fratelli Simone e Andrea Di Stefano e Gianluca Iannone di CPI a Roberto Fiore di FN), cosi come le pagine ufficiali dei due movimenti.
Prima la scritta “nessun elemento visualizzato“, poi “nessun account trovato”.
Facebook attraverso un comunicato stampa, ha così argomentato la sua decisione: «Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Per questo motivo abbiamo una policy sulle persone e sulle organizzazioni pericolose, che vieta a coloro che sono impegnati nell’”odio organizzato” di utilizzare i nostri servizi». «Candidati e partiti politici – si legge ancora nel comunicato – così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram».
Il comunicato ricorda che da sempre è stato bandito chi proclami «missioni violente o che incitano all’odio o che sono coinvolti in azioni violente. Questo indipendentemente dall’ideologia o dalla motivazione». E l’associazione di chiara ispirazione fascista avrebbe superato il limite della libertà di espressione e usato profili e pagine per diffondere in modo sistematico odio e discriminazione.
Non è stata una decisione improvvisa, dunque, ma il frutto di un lungo lavoro di monitoraggio basato sulle segnalazioni degli utenti (finalmente diremmo noi!), ma anche sulle numerose inchieste che negli ultimi anni hanno mappato la cosiddetta “onda nera” online. Di fatto, poi, specchio parzialmente distorto delle attività di questi gruppi offline, nella vita reale.
Importante sottolineare un passaggio del comunicato diffuso da Facebook, che sembra segnare una svolta (e forse anche una concreta presa di coscienza): “Per impedire e interrompere atti di violenza reali, non permettiamo la presenza su Facebook di organizzazioni o individui che proclamano missioni violente o che sono coinvolti in azioni violente“, spiega il Facebook, aggiungendo che rimuove anche “contenuti che esprimono supporto o elogio di gruppi, leader o individui coinvolti in queste attività“.
Casapound, a caldo, ha commentato che si tratta di una forma di “censura antidemocratica” legata proprio alla loro presenza alla protesta in piazza contro il nuovo governo e ha minacciato una class action urgente contro un atto definito di “prevaricazione vergognosa”.
Casapound, come altre organizzazioni di estrema destra, ha goduto sino ad oggi di “protezione” da parte di forze politiche rappresentate in Parlamento. In base alla Costituzione, invece, andrebbe sciolta (con le altre), come da tempo sollecitato inutilmente dall’Anpi. E vale la pena ricordare che non è la prima volta che i social del gruppo di Zuckerberg prendono provvedimenti nei confronti del movimento di estrema destra. Poco prima delle elezioni europee, la medesima decisione di oscurare delle pagine era stata presa nei confronti dei profili di alcuni suoi esponenti e di diverse organizzazioni di estrema destra di altri paesi europei.
Le due organizzazioni di estrema destra sono ora state private di un potente mezzo di comunicazione, della loro cassa di risonanza più efficace. “Facebook ha chiuso la mia pagina, 140.000 iscritti. E quella di CasaPound, 250.000. Ha chiuso le pagine dei nostri consiglieri comunali democraticamente eletti. Un abuso, commesso da una multinazionale privata in spregio alla legge italiana. Uno sputo in faccia alla democrazia”, scrive su Twitter Simone Di Stefano, segretario di CasaPound.
Come faranno ora a divulgare messaggi d’odio?
Paradossalmente, siamo arrivati al punto in cui una lezione di rispetto della libertà di espressione, nel pieno rispetto anche dell’”altro”, ci giunge dalla rete. Una lezione di democrazia, con buona pace dei neofascisti, che ora la rivendicano anche per sé stessi.
Da parte sua, la Polizia postale ha tenuto a chiarire che la chiusura di decine di account e pagine di Casapound e Forza Nuova è stata decisa in maniera autonoma da Facebook e non ha coinvolto le autorità italiane.
A questo punto, auspichiamo che avvenga al più presto il famoso passaggio dal virtuale al reale, attraverso il quale si applichi nella vita di ogni giorno la Costituzione repubblicana e antifascista, superando la stridente contraddizione dinanzi alla quale ci ha posto il colosso dei social. Perché oggi dovrebbe essere più chiaro che mai: il fascismo non è un’opinione.