Già all’inizio di quest’anno, discutevamo animatamente su quanto fosse paradossale l’annuncio del Ministro dell’Interno Minniti di voler costruire un CIE in ogni regione. E di quanto tutto questo riportasse tristemente la memoria indietro ai proclami di Maroni. Eppure, trascorsi alcuni mesi, ecco che i propositi del ministro Minniti cominciano a concretizzarsi, a seguito anche della conversione in legge del Decreto Minniti-Orlando n.13/2017 avvenuta lo scorso 12 aprile. Il Viminale ha, infatti, annunciato la costruzione di undici nuovi centri permanenti per i rimpatri (ammantati di un nuovo nome “CPR”, ma di fatto risorti, nella maggior parte dei casi, sulle ceneri dei vecchi CIE, alcuni chiusi da tempo) per far fronte alla cosiddetta “emergenza migranti”. L’elenco è stato comunicato lunedì 8 maggio alle Regioni dal ministero dell’Interno. E la lista, pubblicata successivamente dal Corriere della Sera: in Lombardia si utilizzerà la Caserma di Montichiari, in Friuli Venezia Giulia il centro di Gradisca d’Isonzo, in Piemonte il vecchio Cie, nel Lazio il centro di Ponte Galeria, a Roma, in Campania la Caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, in Basilicata Palazzo San Gervaso, in Sardegna il carcere dismesso di Iglesias, in Sicilia il Cie di Caltanissetta, in Emilia Romagna il Cie di Modena, in Puglia il Cie di Bari Paese, in Calabria la struttura di Mormanno. In tutto si tratta di 1.100 posti, destinati ad aumentare. Anche Veneto, Liguria e Toscana dovranno, poi individuare un luogo in cui sistemare almeno cento persone per regione.
Ovviamente questo annuncio segue un reiterato balletto di cifre e percentuali sui futuri sbarchi (o “invasioni”, a detta della stampa), che anch’esso si ripete ciclicamente prima di ogni estate. Secondo i dati dell’Unchr, infatti, solo nell’ultimo fine settimana sono 6mila gli arrivi per un totale di 43mila migranti arrivati in Italia da inizio anno, oltre 10mila in più del 2016. Aumentano, tuttavia, anche i morti nel Mediterraneo (a dispetto di quanto sostenuto nell’aspra polemica che vede coinvolte le ONG): sempre secondo i dati dell’agenzia Onu sono oltre 1.300 i morti dall’inizio dell’anno, 250 solo nell’ultimo fine settimana. La media dei morti in mare quindi sarebbe di oltre dieci al giorno. Cifre da brivido che dovrebbero far riflettere ben oltre le polemiche di questi ultimi giorni.
E i dati dell’UNCHR coinciderebbero con quelli del ministero degli Interni. L’Italia ha registrato 43.245 arrivi via mare nel 2017, con un aumento del 38,54% rispetto allo scorso anno, segnando il record assoluto per il nostro Paese. E intanto, a tale proposito, proseguono i lavori della commissione Difesa del Senato, che sta studiando le nuove regole per i soccorsi in mare. L’orientamento – scrive il Corriere della Sera – “è quello di ‘suggerire’ la fissazione di almeno due nuove regole per evitare ‘sospetti’ contro le Ong”. La prima dovrebbe prevedere l’affidamento di tutte le operazioni di soccorso alla Guardia Costiera; la seconda riguarderebbe la registrazione di tutti gli equipaggi delle Ong per evitare che possano esserci “collusioni con gli scafisti”.
Si attende dunque l’estate per la “ri-apertura” di nuovi aberranti luoghi di detenzione che sulla base dell’esperienza passata si sono dimostrate strutture costose, nelle quali molto spesso i migranti sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Una scelta, questa del Governo, in netta controtendenza a quanto chiesto da numerose associazioni che, da anni, invece, ne vorrebbero la totale chiusura.
Si prospetta un periodo preoccupante e che richiederà un attento monitoraggio della società civile del pieno rispetto dei diritti di ogni persona che in questi CPR verrà reclusa.