“Questa mappa non rappresenta solo la memoria dei migranti, ma la nostra. Viviamo in un periodo storico drammatico. Stiamo assistendo a un genocidio: e questa ne è la memoria”. Sono le parole durissime con cui Marie Aude Tavoso, la presidentessa di Medici per i Diritti Umani, chiude la presentazione di Esodi, tenutasi ieri a Roma. Un progetto importante, sviluppato dall’associazione nel corso di due anni in Italia (Ventimiglia, Roma e Sicilia) e Egitto: una mappa interattiva – visualizzabile qui – che ripercorre le rotte migratorie delle persone che dall’Africa sub-sahariana si spostano per raggiungere l’Italia e l’Europa. Un lavoro in cui gli autori sono i migranti, protagonisti di questi viaggi sulla cui pericolosità non è davvero più possibile chiudere gli occhi: sono loro stessi a raccontarci esperienze vissute sulla propria pelle, traumi, lutti, violenze. Una mappa dal grandissimo valore didattico, perché tutti dobbiamo conoscere quello che sta avvenendo: e questo lavoro lo permette, in modo agile e immediato.
“La morte nel deserto è più brutta. Nel mare si muore in modo più rapido”. A parlare è Ibrahim, originario del Niger. Arrivato in Italia sette anni fa, ora lavora come mediatore con Medu. Anche lui ha attraversato il deserto, la Libia, il Mar Mediterraneo: luoghi che per troppe persone rappresentano l’inferno. “Follia, abisso: ecco cos’è la città di Sabha per le persone che ci transitano. Ecco cos’è la Libia per i migranti, trattati come animali, chiamati bestie dai trafficanti, da chi li rapisce, li violenta, li sfrutta, li uccide”. Lo racconta uno degli psichiatri impegnati nell’assistenza in Sicilia, sottolineando l’arretratezza con cui si scontrano i migranti che arrivano in Italia: “Le Commissioni territoriali preposte ad ascoltare, e giudicare, le storie dei richiedenti asilo, sono spesso contraddistinte da aridità e tecnicismi che non prendono in considerazione i traumi vissuti dalle persone. Chi lavora con i migranti troppo spesso non sa, o non vuole rendersi conto, del fatto che davanti a sé ci sono persone con un passato estremamente traumatico”.
Oltre il 90% dei migranti ascoltati da Medu ha raccontato di essere stato vittima di violenza intenzionale, tortura, trattamenti inumani. Nei centri di accoglienza in Sicilia – Mineo e Ragusa- l’82% dei richiedenti asilo seguiti dall’associazione presentava ancora segni fisici compatibili con le violenze riferite. A tutto questo si associano conseguenze psicologiche gravissime, che spesso vengono ignorate: “Il servizio sanitario nazionale risulta ancora impreparato su questo fronte, basti guardare la pressoché totale assenza dei mediatori nelle strutture”, sottolinea Albero Barbieri di Medu, il quale evidenzia la conseguente cronicizzazione del quadro clinico e la ricaduta di tutto ciò sul piano dell’inserimento del migrante nel tessuto sociale del paese di arrivo: “Si crea un circolo vizioso in cui la persona viene marginalizzata e, conseguentemente, sta sempre peggio. Non è esagerato affermare che nel nostro paese questo fenomeno sta provocando oggi una vera e propria epidemia nascosta che necessita di adeguate riposte sul piano sanitario, sociale e culturale”. La situazione descritta da Barbieri viene ben rappresentata da Tyernò, mediatore culturale proveniente dalla Guinea: “Quando vieni colpito da tutta questa violenza non sei più una persona normale, ti hanno tolto il valore umano: hai subìto troppe cose che hanno disturbato la tua coscienza”. Allora perché affrontare questo viaggio? E’ sempre Tyernò a rispondere, lui che ha provato sulla propria pelle tutto questo, dopo essere fuggito dal proprio paese perché la sua vita era in pericolo a causa dell’attività politica che svolgeva: “Nessuno vuole andare via, e compiere un percorso del genere, senza aver dietro di sé una situazione ancora più pericolosa”.
Le circa cento testimonianze presenti nella mappa, raccolte sulla base delle voci dei mille migranti assistiti in quasi tre anni – dal 2014 al 2016- dagli operatori e dai volontari di Medu, lo spiegano bene, e danno voce ai protagonisti di una storia drammatica che ci vede gravemente coinvolti. Oltre alle testimonianze dirette e a tracciare le principali rotte migratorie, la mappa fornisce alcune informazioni: quanto può costare un viaggio, i motivi della fuga, i tempi di percorrenza, i numeri dei dinieghi della protezione internazionale…
E’ un lavoro prezioso di informazione, da diffondere per conoscere e, di conseguenza, agire.
Serena Chiodo