Saranno probabilmente in molti a non votare il prossimo 4 marzo. Le stime (da prendere sempre con la dovuta cautela) parlano di un astensionismo che potrebbe arrivare sino al 35%. Chi pensa di disertare le urne dovrebbe pensarci due volte: uno perché c’è il rischio che i movimenti e i partiti di estrema destra aumentino la loro presenza in Parlamento; due perché di persone che vivono stabilmente nel nostro paese, ma sono escluse a priori dal diritto di voto, ce ne sono già molte.
I 5 milioni di cittadini stranieri che vivono, studiano e lavorano nelle nostre città (compresi i cittadini comunitari) non hanno diritto al voto. Tra questi ci sono anche migliaia di giovani figli dell’immigrazione maggiorenni che, per diversi motivi, non hanno ancora ottenuto il riconoscimento della cittadinanza italiana, pur essendo nati o essendo cresciuti nel nostro paese. Giusto per dare qualche numero di riferimento: i giovani stranieri di età compresa tra i 18 e i 30 anni secondo gli ultimi dati Istat sono circa 1 milione (per la precisione 1.002.037). Non tutti sono nati o giunti in tenerissima età in Italia, ma molte migliaia sì. E in molte migliaia sarebbero perfettamente in grado di esprimere un voto consapevole sul tipo di rappresentanza che dovrebbe caratterizzare il prossimo Parlamento e orientare le politiche pubbliche nel corso della prossima legislatura.
Ora. E’ bene ricordare che per molti di loro avrebbe potuto aprirsi la possibilità di votare se fosse stata approvata quella riforma della cittadinanza di cui la destra parlamentare, insieme al Movimento 5 stelle, ha voluto impedire a tutti i costi l’approvazione. Lo scarso coraggio della maggioranza Parlamentare ha fatto il resto.
Bisogna ricordarlo per dovere di cronaca a chi oggi mette al centro della campagna elettorale slogan che, quando non scivolano nel razzismo esplicito, lo nascondono sfumandone il linguaggio o dichiarando di voler garantire i diritti “di chi vive regolarmente nel nostro Paese”, ma di voler combattere a tutti i costi “l’immigrazione irregolare”. La contrapposizione tra i primi e i secondi, come è noto, non è data per natura, ma è prodotta dalla legislazione: e ciò che è “legale” non sempre è giusto. E infatti le leggi si possono cambiare.
Ma volendo accettare solo per un attimo la logica della distinzione tra i “regolari” e i non “regolari”: l’occasione per garantire maggiormente i diritti di cittadinanza dei primi c’è stata nel corso della legislatura, ma non è stata colta, il che la dice lunga sull’attendibilità di questi messaggi elettorali.
Bene fanno dunque i giovani italiani senza cittadinanza a rilanciare la loro campagna di comunicazione il cui slogan è semplice, chiaro e, questo sì, veritiero: #VorreiMaNONVoto. Loro non possono votare, noi sì: per l’eguaglianza, per la lotta al razzismo e per combattere il ritorno di qualsiasi forma di apologia (e di pratica) del fascismo.