Qualche giorno fa, sono state depositate le motivazioni della sentenza di appello bis sul cosiddetto “processo Bonsu”. Il 29 settembre 2008, il giovane ghanese Emmanuel Bonsu si trovava nel parco Falcone e Borsellino e veniva scambiato per uno “spacciatore” e arrestato, dopo essere stato pestato violentemente da una squadra di vigili urbani del Comune di Parma. Al momento del rilascio, poi, è stato vittima di pesanti insulti razzisti culminati in una “foto-ricordo” assieme a uno dei vigili urbani accompagnata dalla scritta “Emanuel negro”. «Ha messo i piedi sulla mia testa…quando ero per terra questo qua mi ha puntato la pistola, continuava a picchiarmi, ha detto negro di merda…poi ha detto che aveva proprio la voglia di spaccarmi la faccia». Così Emmanuel ha descritto la sua terribile esperienza, appena 3 giorni dopo l’accaduto, ospite di Michele Santoro ad Annozero, mostrando al pubblico il suo occhio sinistro visibilmente tumefatto.
Avevamo raccontato e ricostruito l’accaduto anche nel nostro primo libro bianco sul razzismo. Da allora, sono trascorsi circa 9 anni. E per Emmanuel forse non è ancora finita. Occorre fare un passo indietro e ricostruire questi lunghi 9 anni e tutta una serie di sentenze che tuttavia, probabilmente, non fanno ancora giustizia su quanto accaduto.
Il processo inizia formalmente nell’ottobre 2009 e vede implicati 10 agenti della polizia municipale di Parma (tra cui un ispettore capo e un commissario) accusati di aver pestato, umiliato e insultato (“confessa scimmia“, gli hanno urlato) Emmanuel. Trascorrono diversi mesi, fra rinvii e altri impedimenti. Anche il comune di Parma viene chiamato in giudizio quale responsabile civile. Dopo 3 anni, nell’ottobre 2011, si conclude il processo di primo grado: tutti gli imputati vengono condannati a pene inferiori a quelle richieste dalla Pm, ma comunque di una certa rilevanza, e viene riconosciuta l’aggravante di razzismo (ne avevamo parlato qui).
Nel gennaio 2014, al secondo grado di giudizio, quando sono condannati anche in appello gli otto vigili urbani. La pena più alta inflitta dal giudice della corte d’appello di Bologna è per Fratantuono, con l’aggravante della discriminazione “razziale”.
Nell’aprile 2015, la Cassazione rimette in discussione buona parte delle decisioni della Corte d’appello di Bologna: assolvendo uno degli otto imputati dal reato di sequestro di persona. Per gli altri, invece, decide l’apertura un processo di appello bis con il reato di sequestro di persona derubricato a ‘semplice’ arresto illegale. La Cassazione, comunque, conferma le condanne per molti dei reati contestati, e infine annulla la decisione che vede il comune di Parma non responsabile civilmente.
In pochi sanno, tuttavia, che tre degli agenti (Andrea Sinisi, Mirko Cremonini e Marcello Frattini) coinvolti nel caso Bonsu, erano già stati sotto processo per lesioni (preso a pugni, picchiato con un bastone e con uno sfollagente), ingiurie (appellativi come “scimmia”, o “meglio che muori”), abuso di potere e discriminazione “razziale” nei confronti di Lucien Aka Kouame, un cittadino ivoriano, all’epoca dei fatti, il novembre 2006, 33enne (vedi qui).
A cavallo fra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 inizia la Corte d’Appello bis, a Bologna. I giudici hanno ritenuto il Comune di Parma, precedentemente assolto, responsabile civile, condannandolo al risarcimento dei danni con una provvisionale immediatamente esecutiva di 135 mila euro (“(…) ai fini della responsabilità civile per fatto illecito commesso da dipendente è sufficiente un rapporto di occasionalità necessaria tra il fatto dannoso e le mansioni esercitate dal dipendente, che ricorre quando l’illecito è stato compiuto sfruttando comunque i compiti da questo svolti, anche se il dipendente ha agito oltre i limiti delle sue incombenze e persino se ha violato gli obblighi a lui imposti anche per finalità di carattere meramente personale“). Tutti i condannati, insieme al Comune, dovranno pagare 10 mila euro di spese legali a Emmanuel. Il verdetto bis ha visto, dunque, un notevole ed ulteriore alleggerimento delle condanne: per sette imputati sono state riconosciute le attenuanti generiche, la derubricazione del reato di sequestro di persona in arresto illegale e l’assoluzione, la prescrizione per alcuni capi d’imputazione. I giudici sottolineano nella sentenza che “l’operazione va ricondotta a una precisa scelta dell’Amministrazione comunale che intendeva rispondere alle preoccupazioni dei cittadini lette al fenomeno dello spaccio di droga nei luoghi pubblici”.
Solo Pasquale Fratantuono, scrivono i giudici, si sarebbe reso responsabile di “numerosissimi reati” aggravati dal movente “razziale”: “(…) è quello che fra tutti ha tenuto una condotta con modalità particolarmente ‘odiose’, avuto riguardo in particolare alla gratuita e spropositata violenza nei confronti di un ragazzo inerme, alle frasi di stampo razzista pronunciate nei confronti del Bonsu, alla scritta apposta sulla busta ‘Emanuel negro’ alla foto ricordo che l’imputato si fece scattare da un collega”.
Dopo 9 anni di processi e sentenze si giunge, attraverso pentimenti e risarcimenti in denaro, a “derubricare” il razzismo per la maggior parte degli imputati e ad attenuare i capi d’imputazione. Chissà se i soldi di risarcimento previsti nell’ultima sentenza potranno mai restituire ad Emmanuel la sua dignità.