Finalmente è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n.128 del 19-05-2020 – Suppl. Ordinario n. 21) il decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, per “garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamità derivante dalla diffusione del contagio da COVID-19 e favorire l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari”.
All’art.103 del testo troviamo le disposizioni per quel che riguarda l’emersione dei rapporti di lavoro al nero. Ovvero ciò che impropriamente è stata definita una “regolarizzazione”.
Vediamo i punti principali.
Il provvedimento di emersione interesserà soltanto ad alcuni settori lavorativi:
1) agricoltura, allevamento, zootecnia, pesca e acquacoltura;
2) assistenza alla persona
3) lavoro domestico.
Le domande di emersione potranno essere presentate tra il 1 giugno e il 15 luglio 2020, secondo le modalità che verranno stabilite dal Ministero dell’Interno, di concerto con gli altri Ministeri (con i decreti attuativi), nei prossimi giorni e comunque entro 10 giorni dall’entrata in vigore di questo decreto. Quindi, bisogna attendere ancora qualche giorno per capire meglio a chi rivolgersi (saranno coinvolti INPS, Sportello Unico Immigrazione e Questure) e come pagare.
Al netto dei limiti contenuti in questo provvedimento, e al netto delle sue criticità già esposte allo studio della bozza, l’art. 103 si articola in due commi relativi alla due tipologie di regolarizzazioni possibili. La prima, al comma 1, riguarda chi ha già un rapporto di lavoro, anche se irregolare; la seconda, al comma 2, prevede il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi.
Al comma 1, viene prevista la possibilità di regolarizzare rapporti di lavoro al nero. In questo caso, saranno i datori di lavoro (italiani o stranieri) a presentare l’istanza per concludere il contratto di lavoro subordinato a favore di cittadini stranieri presenti sul territorio italiano, ma privi di un regolare permesso di soggiorno. I cittadini stranieri dovranno essere stati sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell’8 marzo 2020 e produrre una dichiarazione di presenza (ai sensi della L. 68/2007) o una documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici, e non aver lasciato l’Italia dall’8 marzo 2020. I datori di lavoro dovranno versare un contributo di 500 euro per ciascun lavoratore e pagare un contributo forfettario per le somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale.
Al comma 2, viene, invece, presentata la seconda modalità di regolarizzazione possibile. In questo caso, saranno i cittadini stranieri a presentare l’istanza al Questore e, contestualmente, all’Ispettorato del Lavoro territoriale, in presenza dei requisiti indicati. Essi devono essere in possesso di un permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019, risultare presenti in Italia, senza essersi mai allontanati dall’Italia, alla data dell’8 marzo, e devono dimostrare di aver svolto attività lavorativa prima del 31 ottobre 2019, nei settori di citati: agricoltura, allevamento, zootecnia, pesca e acquacoltura; assistenza alla persona lavoro domestico. Dopo le opportune verifiche, sarà rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo della durata di 6 mesi e valido solo sul territorio nazionale. Sarà un permesso comunque convertibile, poiché nel caso in cui il cittadino, allo scadere dei 6 mesi, esibisca un contratto, può ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Questa procedura prevede un contributo di 130 euro per il lavoratore, al netto dei costi previsti poi per il rilascio del permesso di soggiorno.
Sono previste alcune clausole di inammissibilità delle domande. Non possono presentare istanza:
- i datori di lavoro che siano stati condannati negli ultimi 5 anni, anche con sentenza non definitiva, per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” o per reati diretti allo sfruttamento della prostituzione o di minori, per intermediazione illecita e sfruttamento lavorativo;
- i cittadini stranieri colpiti da un provvedimento di espulsione o segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, o condannati, anche con sentenza non definitiva, per reati inerenti gli stupefacenti, il “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” o il reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da destinare ad attività illecite.
Non c’è un limite al numero di persone che possono accedere alla regolarizzazione. Quindi, avendo i requisiti, è sempre possibile fare domanda nei termini.
Ad oggi, quello che possiamo consigliare è di attendere l’emanazione dei decreti attuativi, che chiariranno ulteriormente i requisiti necessari e le procedure da seguire per accedere al processo di emersione e di non fidarsi di chi propone strane procedure o richiede centinaia di euro per lo svolgimento delle pratiche.