La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 4 della legge regionale ligure, la n. 13/2017 (Norme per l’assegnazione e la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e modifiche alla legge regionale 12 marzo 1998 e alla legge regionale 3 dicembre 2007, n. 38), accogliendo il ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, presentato lo scorso agosto.
La legge regionale, n. 13/2017 del 30 maggio dello scorso anno, aveva infatti modificato il requisito per poter partecipare all’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica previsto per i cittadini di Paesi non comunitari: prima era richiesta la titolarità della carta o del permesso di soggiorno almeno biennale abbinato all’attività lavorativa. A seguito dell’intervento legislativo, veniva invece richiesta la regolare residenza da almeno 10 anni consecutivi in Italia per tutti i cittadini stranieri. Tale norma si è posta in contrasto in relazione agli artt. 4 e 11 della direttiva 2003/109/CE, del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, recepita con il decreto legislativo 8 gennaio 2007 n. 3. L’art. 4 della direttiva, lo ricordiamo, prevede infatti che i soggiornanti di lungo periodo (cittadini non comunitari residenti per almeno cinque anni) siano equiparati ai cittadini dello Stato membro in cui si trovano ai fini, tra l’altro, del godimento dei servizi e prestazioni sociali (art. 11), tra i quali rientra l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, come testualmente conferma la lettera f) del suo art. 11, con il riferirsi alla «procedura per l’ottenimento di un alloggio».
Secondo la Presidenza del Consiglio, «è consentito alle regioni prevedere una residenza minima nel territorio regionale atta a certificare un sufficiente radicamento dell’interessato con tale territorio; ma tale requisito, oltre a non dover essere irragionevolmente prolungato (come gli otto anni previsti dalla legge valdostana già annullata dalla Corte Costituzionale), non deve vanificare la regola che con il titolo di soggiornante di lungo periodo, derivante dalla residenza per cinque anni nello Stato, il cittadino di paese terzo acquisisce, ai fini dell’accesso all’abitazione, una posizione analoga a quella del cittadino».
I magistrati, dal canto loro, scrivono nella sentenza: «Con riguardo ad una legge della Regione Valle d’Aosta (sentenza n. 168 del 2014), questa Corte ha già avuto modo di affermare che la previsione dell’obbligo di residenza da almeno otto anni nel territorio regionale, quale presupposto necessario per la stessa ammissione al beneficio dell’accesso all’edilizia residenziale pubblica, determina un’irragionevole discriminazione sia nei confronti dei cittadini dell’Unione, ai quali deve essere garantita la parità di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati membri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, i quali, in virtù dell’art. 11, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda anche l’accesso alla procedura per l’ottenimento di un alloggio»
«Una tale valutazione di irragionevolezza e di mancanza di proporzionalità (risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari) è tanto più riferibile alla disposizione in esame, la quale – ai fini del diritto sociale all’abitazione che è diritto attinente alla dignità e alla vita di ogni persona e, quindi, anche dello straniero presente nel territorio dello Stato – richiede, per questi ultimi, un periodo di residenza ancor più elevato (dieci anni consecutivi). E ciò (diversamente dalla legge valdostana) senza neppure prevedere che tale decennale residenza sia trascorsa nel territorio della Regione Liguria, facendo non coerentemente riferimento alla residenza nell’intero territorio nazionale, ancorché sia poi la stessa legge impugnata, per quanto riguarda la prova del “radicamento” con il «bacino di utenza a cui appartiene il Comune che emana il bando», a fissare un requisito di residenza di «almeno cinque anni» (art. 5, comma 1, lettera b, della legge reg. Liguria n. 10 del 2004, come, a sua volta, modificato dalla legge reg. Liguria n. 13 del 2017)».
Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti (Forza Italia), su Facebook commenta così la sentenza: “E’ gravissimo che dalla Corte costituzionale arrivi uno stop che danneggia i cittadini italiani nell’assegnazione degli alloggi popolari. Invece di occuparsi dei veri bisogni dei cittadini, il passato governo di centro sinistra ha ben pensato di intervenire su una nostra legge, che dava a liguri e italiani la priorità sulle case popolari e che ora è stata bloccata: un atto grave, ma che non ci ferma”.
Varrebbe la pena ricordare che il diritto a un’abitazione dignitosa è un diritto della persona. Esso spetta, quindi, anche ai cittadini stranieri che decidono di vivere regolarmente nel nostro Paese.