Nella notte tra il 21 e il 22 febbraio scorsi, Roberto Costelli, 39 anni, si reca ad una festa di Carnevale, insieme agli amici, in un locale di Calcio (BG), portando in auto una delle due pistole che detiene per uso sportivo. Dopo aver bevuto e fumato marijuana, l’uomo s’incammina verso un campo rom poco distante, nel quale è accampata la famiglia Pantic: marito, moglie e dieci figli, italiani di origine croata, tutti senza precedenti penali di rilievo. Costelli scende dall’auto e, sotto la pioggia, spara senza esitare contro le roulotte, nelle quali la famiglia Pantic sta già dormendo. Sei, dei sette colpi esplosi, raggiungono direttamente le roulotte. E uno di essi, colpisce dritto alla nuca, nel sonno, il capofamiglia. Inutile la corsa all’ospedale, dove Roberto Pantic, 43 anni (“nomade di origini croate, nato a Portogruaro”, lo definisce cosi La Nuova Venezia del 25 febbraio), arriva già morto. Scattano le indagini degli inquirenti contro ignoti. Ma la notizia di questo inquietante omicidio sfugge quasi a tutti, derubricata come un banale fatto di cronaca nera. Che per di più coinvolge un “nomade” (italiano, ndr).
A distanza di un mese, una perquisizione in casa di Roberto Costelli fa rinvenire 13 piante di marijuana, 17 chili di droga, oltre a una sola delle due pistole in suo possesso. Lui, piuttosto nervoso, spiega di avere solo una pistola in casa, mostrandola. «L’altra me l’hanno rubata un po’ di tempo fa, ma non ho mai sporto denuncia», dichiara. Dopo circa due ore e mezza di fronte al pubblico ministero, Costelli ammette di aver sparato contro le roulotte. Racconta con lucidità tutti i dettagli di quella folle serata. Alla fine è lui stesso, messo sotto pressione dai carabinieri, a spiegare di aver nascosto la pistola mancante dentro il caminetto di casa.
Ma anche quando, di fronte alle prove e agli indizi che lo indicano chiaramente come l’assassino di Roberto Pantic, aggiunge: “Non sono un razzista … Li ho uccisi perché sporcavano“. Ecco che si delinea sempre più chiaro il movente. Costelli, disoccupato, un tempo muratore ed ex paracadutista, possiede anche una bacheca Facebook ricca di numerose invettive contro “gli zingari” e gli stranieri, in genere.
Il pubblico ministero, Carmen Pugliese, decide oggi di contestare all’ex parà l’aggravante dell’odio “razziale”, insieme con quella dei futili motivi. Alla base della decisione del magistrato, fatto abbastanza inedito, c’è anche la considerazione degli insulti e le minacce rivolte “a nomadi e stranieri” sui social network. “La motivazione che Costelli ha fornito per il suo gesto è incredibile, lascia sbalorditi – spiega il magistrato – E il suo profilo Facebook richiama spesso al disprezzo per i nomadi. Entrambi i camper, su cui dormivano dieci bambini, sono stati colpiti dai proiettili: poteva essere una strage”. E fa ancora più male, ascoltare il duro commento del procuratore Francesco Dettori: “Quest’uomo si è dichiarato un ecologista, un amante della natura: voleva ripulire il mondo dagli zingari”.
Esprimiamo forte preoccupazione di fronte a tali dichiarazioni, poiché, in quest’ultimo periodo, troppo spesso ricorrono e s’invocano nuove e spregiudicate forme di “pulizia etnica”. Di sicuro, l’arresto di Costelli non restituirà alla vita un padre di dieci figli, vittima casuale e innocente, di un odio cieco e folle verso il “diverso”. Ancora una volta, un carico di pregiudizi contro la popolazione rom da combattere e condannare.