Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale di comunicato, firmato congiuntamente dal Comitato “5 Luglio” – Fermo, Associazione Casa Comune, Cgil, Anpi, Fiom e Sprar-progetti Fermo-Porto San Giorgio, in risposta alla recente messa in libertà di Amedeo Mancini, il 40enne fermano coinvolto nel cosiddetto “caso Emmanuel”. Noi ne abbiamo parlato qui e approfondito l’intera vicenda qui.
“Non commentiamo le decisioni della Magistratura (anche perché, a volte, si commentano da sole). Ci limitiamo a registrare i fatti: un uomo condannato per omicidio – con aggravante razziale –a quattro anni di detenzione, dopo 10 mesi dal reato è libero; Emmanuel Chidi Nnamdi è morto, e il suo omicida è libero. Non siamo giustizialisti, né nutriamo alcuna forma d’odio verso il “condannato” (semmai combattiamo duramente la sottocultura di cui è imbottito); ma ci chiediamo quale sia il valore di quella vita umana, stroncata dopo essere stata insultata.
Ci chiediamo quale sia il messaggio che arriva ai più giovani da questa vicenda; ci preoccupiamo non di Mancini, ma dei possibili Mancini di domani. Ci chiediamo, infine, come sarebbe andata tutta questa vicenda (dentro e, soprattutto, fuori dalle aule di tribunale) se il morto fosse stato bianco.
Per quanto ci riguarda, poiché non siamo né giudici, né avvocati, ma cittadini, continueremo il lavoro e l’impegno di questi mesi, affinché la gravità di quanto accaduto il 5 luglio 2016 non venga né rimossa, né dimenticata; affinché vicende come questa non si ripetano e la città di Fermo, il Paese intero, siano – ancor più – luoghi di solidarietà e accoglienza di persone come Emmanuel, in fuga da tragedie spaventose.
Il 5 luglio, ad un anno dall’uccisione di Emmanuel, faremo una manifestazione non solo per ricordare un essere umano – che qui aveva cercato aiuto e protezione – ucciso nelle nostre strade, ma anche perché la città di Fermo sia rappresentata non da Mancini e dai suoi supporters, ma da chi ogni giorno accoglie e lavora nella solidarietà, nella formazione contro ogni forma di razzismo e discriminazione, dai cittadini e dai giovani che vogliono una società aperta, plurale, umana e che, come noi, amano questa città e ne conoscono la storia, molto più di chi se ne riempie la bocca a sproposito.”