Meno soggiornanti non comunitari, più esclusione e difficoltà di inserimento sociale. E’ questo il doppio trend confermato dall’Idos nel dossier sull’immigrazione 2020 presentato oggi.
Se da una parte i dati evidenziano un leggerissimo aumento nel numero complessivo degli stranieri residenti in Italia nel 2019 (5.306.500, 47.100 in più rispetto all’inizio dell’anno), dall’altra sottolineano un calo di 101.600 unità tra i non comunitari regolarmente soggiornanti (3.615.000 con solo nuovi 177.000 permessi di soggiorno rilasciati, -26.8%). Diminuzione dei residenti a cui fa da contraltare però la crescita degli stranieri senza documenti. A seguito dei Decreti Salvini e dell’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, infatti, sarebbero aumentati di 120.000-140.000 unità i cittadini non comunitari senza permesso di soggiorno, tra cui quasi 100mila fuoriusciti dai centri d’accoglienza, negli ultimi 2 anni e mezzo. Centri d’accoglienza che hanno visto diminuire il numero di migranti ospitati dai 183.700 del 2017 ai circa 84.400 di fine giugno 2020.
Scuola, lavoro e accesso alla casa. Alcuni tra i principali indicatori di inserimento sociale, presi in esame nel dossier, evidenziano un crescente abbassamento della qualità della vita degli stranieri.
Sebbene rappresentino il 10% (858mila) della popolazione scolastica nazionale, e 2 su 3 di loro siano nati in Italia, la qualità dei percorsi di studio intrapresi dagli studenti stranieri rimane bassa: il 38% si iscrive agli istituti tecnici (contro il 31,3% della media nazionale), il 32,1% agli istituti professionali (la media nazionale è il 18,7%) e solo il 29,9% ai licei (contro il 50,5% della media nazionale). I dati evidenziano inoltre un progressivo calo dell’incidenza della presenza degli studenti stranieri nei gradi superiori in rapporto al numero complessivo di studenti: 11,5% alla primaria, 7,4% alle superiori e solo il 5,4% all’università.
Anche sul lavoro si registra un ritardo in fatto di inclusione. Un ventaglio ristretto di occupazioni disponibili, di fatica, rischiose e sottopagate. Circa 2 stranieri su 3 infatti, il 63,6%, svolgono lavori non qualificati o operai e circa il 50% di loro si concentra in sole 13 professioni (contro le 44 degli italiani). Diverso anche il salario. Se lo stipendio medio di un italiano si aggira sui 1.408 euro, quello di uno straniero si ferma a 1077. Alta anche la percentuale di persone sovra-istruite rispetto al lavoro svolto: il 33,5% contro il 23,9% della media nazionale.
Preoccupante anche la situazione abitativa. Complice anche la crisi dovuta all’emergenza Covid, si prevede per fine 2020 un crollo nella compravendita di immobili da parte degli stranieri (-52,7%), case più economiche (85mila euro di media) e di qualità più bassa (in media bilocali da 55 m2).
Politiche migratorie di facciata e mobilità sociale ridotta. Il dossier smaschera, semmai ce ne fosse stato bisogno, il carattere esclusivamente propagandistico dei Decreti Salvini, laddove alla decrescita dei residenti non corrisponde una reale riduzione dei cittadini non comunitari. Cambiano, in peggio, le proporzioni. Il numero complessivo rimane simile, con la diminuzione dei residenti bilanciata dalla forte crescita dei cittadini stranieri privi di un permesso di soggiorno.
Non si registrano passi in avanti neanche sul fronte dell’inclusione sociale. Nella scuola come nel lavoro il gap qualitativo con la media della popolazione italiana rimane evidente. Gli stranieri continuano a essere incanalati su binari ben definiti e il mercato del lavoro, a cui la scelta di determinati percorsi scolastici fa da anticamera, si conferma “rigidamente scisso su base ‘etnica’”.