Abderrahim Belgaid, cittadino italiano di origini marocchine di 62 anni, nella serata del 16 aprile, si trovava nei pressi di Porta Nuova a Torino, in attesa di salite su tram della linea Gtt numero 4. L’uomo, paralizzato dal 2006, dopo essere stato picchiato dal suo datore di lavoro che l’aveva spinto contro uno spigolo provocandogli la frattura del collo, con la sua carrozzina elettrica, è salito sul tram. Una volta a bordo del mezzo, però, non è riuscito ad allacciarsi le cinture di sicurezza (da solo non è in grado, dato che le mani le muove appena), ritardando la partenza del tram: “L’autista del mezzo si è immediatamente avvicinato e mi ha detto che dovevo utilizzare la cintura di sicurezza – ha raccontato l’uomo alla stampa– ma la carrozzina era troppo grande e quindi non ci sono riuscito”. Così l’autista gli ha consigliato di scendere: le nuove regole di sicurezza della Gtt, l’azienda torinese dei trasporti pubblici locali, sono state irrigidite dopo un incidente mortale a bordo di un autobus, capitato proprio ad un disabile: dunque, un mezzo non può partire, se tutte le procedure non vengono pienamente rispettate. Dinnanzi alle proteste dell’uomo, che voleva restare a bordo, è salita la tensione: mentre l’autista si è allontanato per chiedere ai superiori delucidazioni su come comportarsi, gli altri passeggeri non solo non lo hanno aiutato ad allacciare la cintura di sicurezza, ma hanno iniziato a scagliarsi contro di lui. Ciò è bastato a scatenare l’ira razzista dei passeggeri. «Marocchino di m… tornatene al tuo Paese. Disabile di m…, se ci fai perdere ancora tempo, ti tiriamo il collo»: questo il tenore degli insulti e delle minacce proferite da normali “cittadini” a bordo del mezzo pubblico. Qualcuno non si è limitato solo alle offese, ma è andato oltre, sputando addosso all’uomo e tentando di aggredirlo fisicamente. Per fortuna l’aggressore è stato fermato in tempo dal solo passeggero, un giovane, che ha difeso la vittima. Dopo poco, è tornato anche l’autista, che ha risolto ogni problema, permettendo al tram di ripartire, dopo una sosta di circa venti minuti.
Abderrahim, profondamente scosso dalla mancanza di solidarietà e dall’indifferenza dei passeggeri del tram, si è sentito “umiliato” da quegli insulti. Ed è per questo che ha anche sporto denuncia ai carabinieri per l’accaduto. Aberrhaim, dopo il suo grave infortunio del 2006, deve essere assistito 24 ore su 24. Prima di allora, era un infermiere in una cooperativa. Aveva chiesto insistentemente, ma perché consapevole dei suoi diritti, di essere giustamente pagato dal suo datore di lavoro. Lui, infastidito da questa richiesta, lo aveva picchiato, facendolo sbattere, provocando una gravissima lesione alla spina dorsale. All’epoca, si legge in qualche articolo recuperato online, ai poliziotti e soccorritori Aberrahim chiese una pistola per uccidersi, perché aveva capito l’entità del problema.
La vicenda era riuscita ad avere una certa risonanza mediatica proprio per la gravità dell’accaduto e, anche perché il suo aggressore, di fatto un “nullatenente” che però girava in Ferrari, era persino riuscito a non essere condannato a risarcire la vittima per la propria violenza. Tre anni e mezzo fa, Aberrahim è stato vittima di una nuova grave disavventura: un’automobile lo ha preso in pieno in strada. Questa volta è stata, paradossalmente, la sedia a rotelle ad attutire il colpo, salvandogli la vita.
Di fronte ad una persona disabile che incontra evidenti difficoltà logistiche, dovrebbe essere istinto di chiunque dare una mano. Invece alcuni cittadini hanno pensato che fosse “giusto” insultarlo e maltrattarlo perché “marocchino” e “tetraplegico”. Eppure stava soltanto cercando di prendere un tram e chiedeva aiuto per mettersi in sicurezza.
Dov’è finita la nostra umanità?