“Ma siamo certi che il tutto sia circoscrivibile ad episodi singoli?” si chiede il collettivo di Adif in un articolo pubblicato ieri sul sito dell’associazione. Dopo quanto è accaduto a Firenze occorre davvero interrogarsi, perché il clima che si respira in Toscana, come nel resto d’Italia, non si fonda su casi isolati. Adif, allora, prova a riannodare alcuni fili, senza pretendere di trarre interpretazioni frettolose. “Questi episodi, se non segnano un aumento generalizzato delle azioni criminali – scrivono -, indicano come aggressioni che manifestano una più o meno marcata motivazione a sfondo razziale siano entrate nella quotidianità. Una quotidianità da tempo normalizzata da media e opinione pubblica (si vedano le reazioni dopo l’attacco a Macerata), considerata come il risultato di una presunta “immigrazione incontrollata”, che come tale viene però percepita e costruita come narrazione dominante“. Nell’articolo, si fa rifermento a molti casi di violenza razzista perpetrati nell’ultimo periodo. E per una panoramica degli episodi di razzismo negli ultimi anni, fanno riferimento anche al nostro database online. Qui di seguito l’articolo.
Dopo Firenze: l’Italia, il razzismo, la politica
«Oggi su questo ponte è stato ucciso un uomo». Così recita uno dei biglietti lasciati su Ponte Vespucci, luogo in cui il 5 marzo del 2018 è stato freddato a colpi di pistola Idy Diene. Siamo a Firenze e in questa città, per la seconda volta, la comunità senegalese ha subito un lutto e un dolore così forte che è davvero difficile farsene una ragione. «Perché a Firenze è possibile tutto questo? Perché ancora a noi? Nessuno ci risponde, ci trattano solo da animali». Queste sono alcune delle domande che stanno tormentando gli uomini e le donne di questa comunità, domande a cui noi dobbiamo delle risposte.
Molti sono giovani e adesso hanno paura. Ad averne più di tutti però è Rokhaya Mbengue, moglie di Idy Diene, che nel 2011 aveva già perso il primo marito per mano di un militante di Casa Pound. Come si può trovare la forza per andare avanti? E infatti Rokhaya Mbengue è tornata nella sua vecchia casa di Pontedera, lasciando il suo lavoro. Firenze non è più sicura per lei, così ci dice. Una città che doveva essere un rifugio, un punto da dove ripartire, è adesso un luogo da cui bisogna scappare. La tensione in queste ore è altissima e un’Italia poco incline alla riflessione, e più propensa al “Non sono razzista ma”, si ritrova a condannare più i danni alle fioriere del centro storico che la morte di Idy Diene.
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