Amnesty International ha pubblicato le conclusioni del “Barometro dell’odio”, il progetto portato avanti durante la recente campagna elettorale per monitorare l’uso del discorso d’odio da parte dei candidati alle elezioni politiche e regionali 2018. Dall’8 febbraio al 2 marzo oltre 600 attivisti di Amnesty International Italia hanno monitorato i profili social – Facebook e Twitter – di tutti i candidati. I post e i tweet, le immagini e i video condivisi da questi 1.419 candidati sono stati quotidianamente osservati segnalando l’uso di stereotipi, dichiarazioni offensive, razziste, discriminatorie e di incitamento alla violenza. 787 segnalazioni raccolte in 23 giorni, più di un messaggio offensivo, razzista e discriminatorio all’ora, moltiplicato dalla rete. Qui di seguito il comunicato stampa e il link al rapporto.
Amnesty International ha pubblicato oggi le conclusioni del “Barometro dell’odio”, il progetto portato avanti durante la recente campagna elettorale per monitorare l’uso del discorso d’odio da parte dei candidati alle elezioni politiche e regionali 2018.
Dall’8 febbraio al 2 marzo oltre 600 attivisti di Amnesty International Italia hanno monitorato i profili social – Facebook e Twitter – di tutti i candidati ai collegi uninominali di Camera e Senato delle coalizioni di Centrosinistra, Centrodestra, del Movimento 5 Stelle e di Liberi e uguali; dei candidati presidenti delle regioni Lazio e Lombardia e dei leader. I post e i tweet, le immagini e i video condivisi da questi 1.419 candidati, e quindi a loro direttamente attribuibili, sono stati quotidianamente osservati segnalando l’uso di stereotipi, dichiarazioni offensive, razziste, discriminatorie e di incitamento alla violenza che hanno come bersaglio categorie vulnerabili quali migranti e rifugiati, immigrati, rom, persone Lgbti, donne, comunità ebraiche e islamiche. “Lo immaginavamo e ne abbiamo avuto conferma. Il discorso d’odio ha fatto breccia anche in Italia e la campagna elettorale ne è stata la dimostrazione”, ha dichiarato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia.
“Alcune forze politiche si sono servite di stereotipi e incitazioni all’odio per fare propri diffusi sentimenti populisti, identitari e xenofobi, promuovendo la diffusione di un linguaggio incendiario, divisivo, che discrimina anziché promuovere l’eguaglianza, che pensa che minoranze e gruppi vulnerabili siano una minaccia e che i diritti non spettino a tutti”, ha aggiunto Rufini.
Il linguaggio è stato misurato sulla base di un metodo quantitativo e qualitativo, i dati raccolti sono stati trasposti su un barometro online sul sito di Amnesty International Italia, che ha rappresentato quotidianamente l’andamento della campagna elettorale, misurando i livelli di criticità del discorso discriminatorio contro le categorie bersaglio classificandolo da linguaggio offensivo (giallo), a grave (arancione) fino a molto grave (rosso).
Queste le principali conclusioni del “Barometro dell’odio” di Amnesty International:
- il discorso di odio è stato veicolato in modo costante durante le tre settimane di monitoraggio della campagna elettorale. In 23 giorni sono state raccolte 787 segnalazioni: più di un messaggio offensivo, razzista e discriminatorio all’ora moltiplicato dalla Rete;
- le segnalazioni sono state attribuite a 129 candidati unici, di cui 77 sono stati eletti;
- il 43,5% delle dichiarazioni segnalate sono pervenute dai leader, il 50% da candidati parlamentari e il 6,5% da candidati alla presidenza delle regioni Lazio e Lombardia;
- complessivamente, inserendo nel calcolo anche i leader, il 51% delle dichiarazioni è da attribuire a candidati della Lega, il 27% a Fratelli d’Italia, il 13% a Forza Italia, il 4% a Casa Pound, il 3% a L’Italia agli Italiani, e il 2% al Movimento 5 Stelle;
- il canale che ha generato più segnalazioni è stato Facebook, da cui è pervenuto il 73% dei messaggi monitorati. Nel 49,3% dei casi si è trattato di post testuali, nel 38,4% di video e nel 12,3% di fotomontaggi;
- il fenomeno migratorio è stato il tema centrale delle segnalazioni: il 91% delle dichiarazioni hanno avuto per bersaglio migranti e immigrati;
- l’11% delle dichiarazioni ha riguardato discriminazioni di tipo religioso, veicolando sentimenti islamofobici;
- il 6% delle dichiarazioni ha avuto per oggetto la comunità Lgtbi, il 4,8% i rom, e l’1,8% le discriminazioni di genere;
- il 7% delle dichiarazioni ha incitato direttamente alla violenza;
- il 32% delle segnalazioni ha veicolato fake news e dati alterati;
- per quanto riguarda l’immigrazione, il 10% delle segnalazioni ha riguardato la questione della sicurezza e il 7% il tema dell’accoglienza con toni di emergenza, identificando nell’immigrazione una “bomba sociale”, in grado di portare allo “scontro sociale” e alla “guerra in casa”;
- i fatti violenti di Macerata hanno avuto un ruolo centrale nella campagna elettorale: la nazionalità nigeriana è stata specificamente bersaglio del discorso razzista e di odio;
- le parole più usate per identificare e raffigurare migranti e immigrati sono state: “clandestini”, “irregolari”, “profughi”, “stranieri”, insieme al ricorso alla disumanizzazione con l’utilizzo di appellativi quali “risorse”, “bestie”, “vermi”.
“Durante la campagna elettorale la retorica dominante del “noi contro loro” è stata affiancata dalla narrativa divisiva del “loro contro di noi” e sempre più spesso dall’odio di italiani contro altri italiani che si occupano di migranti, secondo il pericolo schema “noi contro voi che aiutate loro”, ha commentato Rufini.
“Fa impressione rilevare che così tante persone che competevano per un ruolo istituzionale abbiano fatto ricorso a un discorso palesemente discriminatorio e d’odio durante la campagna elettorale. Il rischio che abbiamo di fronte è la normalizzazione dell’odio”.
Il barometro dell’odio è online qui
Il rapporto conclusivo del barometro dell’odio è online qui