Secondo il Tribunale di Milano “la dichiarazione di ospitalità, alla cui produzione la Questura di Milano ha subordinato la ricevibilità dell’istanza di protezione da parte del ricorrente, non ha fondamento giuridico”. Oltretutto, “l’imposizione del requisito della dichiarazione di ospitalità, oltre che illegittimo, finirebbe per rendere impossibile, o eccessivamente oneroso, l’esercizio del diritto di asilo riconosciuto e tutelato nel contesto normativo europeo e a livello costituzionale italiano”. Qui di seguito il comunicato stampa del NAGA onlus.
Sembrava scontato ma non lo era. Ormai da prassi consolidata, la Questura di Milano, e non solo, chiede ai richiedenti asilo per l’accettazione della domanda di protezione internazionale una dichiarazione di ospitalità. Una prova cioè, scritta, che il richiedente asilo viva nel territorio di competenza della Questura di Milano. Per chi vive in strutture di accoglienza il problema può essere risolto grazie al fatto che le strutture sono tenute a rilasciare questa dichiarazione.
Peccato però che non tutti i richiedenti asilo ricevano accoglienza. Tutti sanno infatti quanti siano i richiedenti asilo senza fissa dimora o ospitati da amici che non possono produrre questa dichiarazione.
Ciò nonostante la Questura di Milano ha continuato a subordinare la ricevibilità dell’istanza di protezione alla dichiarazione di ospitalità.
Questo fino al 25 luglio quando il Tribunale di Milano – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, a seguito di ricorso urgente proposto dall’avv. Anna Moretti dell’associazione Naga, ha dichiarato, in base all’art. 6 del Decreto Legislativo 25/2008, che “la dichiarazione di ospitalità, alla cui produzione la Questura di Milano ha subordinato la ricevibilità dell’istanza di protezione da parte del ricorrente, non ha fondamento giuridico”. Il Tribunale, inoltre, con riferimento alla questione attinente al criterio di individuazione della Questura competente per territorio, che sembrava essere la questione sottesa a tale richiesta, precisa “ai fini dell’individuazione della Questura competente in relazione al luogo di dimora dell’interessato, è evidente che non si può che fare riferimento alla situazione di fatto di trovarsi l’interessato fisicamente in un determinato luogo, non potendosi ragionevolmente esigere da un cittadino straniero, in situazione di irregolarità sul territorio nazionale, la disponibilità di un alloggio adeguato“.
Il ricorso d’urgenza, spiega il legale del Naga, è stato promosso in pendenza del giudizio avverso il decreto di espulsione prefettizio, che aveva già colpito l’interessato e che era stato sospeso dal Giudice di Pace di Milano, in attesa che il ricorrente formalizzasse la domanda di protezione internazionale. Domanda che però la Questura rifiutava di accettare in mancanza della dichiarazione di ospitalità! Il Tribunale di Milano sul punto ha riconosciuto altresì che “l’imposizione del requisito della dichiarazione di ospitalità, oltre che illegittimo, finirebbe per rendere impossibile, o eccessivamente oneroso, l’esercizio del diritto di asilo riconosciuto e tutelato nel contesto normativo europeo e a livello costituzionale italiano”
“Ci chiediamo per quanto ancora la Questura continuerà a rendere la richiesta d’asilo un percorso ad ostacoli”, dicono i volontari del Naga. In questo caso ad esempio, la conseguenza era il rientro nel paese di origine (El Salvador), dove risulta esposto al rischio di un danno grave alla persona ad opera delle bande criminali che lì imperversano, e di trovarsi nell’impossibilità di accedere alle misure di accoglienza previste per i richiedenti asilo.
“Ci auguriamo che questa ordinanza possa essere utile ai tanti richiedenti asilo che si trovano in questa situazione e che li aiuterà a presentare finalmente la loro domanda d’asilo“, conclude il Naga.
L’ordinanza è disponibile qui.
Ricordiamo anche un’ordinanza dello stesso tenore, del Tribunale di Trieste, del 22 giugno 2018, disponibile qui.