1.238: è il numero dei casi di discriminazione registrati dall’Unar nel 2012. Di questi, per più della metà (ben il 51.4%) si è trattato di discriminazioni di tipo “etnico”, ossia basate sulla provenienza nazionale delle vittime.
Sono i numeri presentati ieri dall’Unar alla Ministra dell’integrazione Kyenge e al Viceministro del lavoro e della politiche sociali Guerra, intervenuti durante il primo incontro per la definizione del Piano nazionale antirazzismo, tenutosi a Roma.
I dati, che saranno diffusi nella relazione annuale dell’Unar al Parlamento, evidenziano una situazione allarmante: secondo le segnalazioni pervenute all’Ufficio Nazionale, i casi di discriminazione sarebbero aumentati del 61% rispetto al 2011. La maggior parte di questi si sarebbero verificati in Lombardia (19,6% dei casi registrati), seguita dal Lazio (14,4%). Un dato che “dipende dal fatto che in queste due regioni sono presenti due grandi città come Milano e Roma, dove vivono folte comunità di immigrati”, spiegano dall’Ufficio.
Le altre regioni in cui si sono registrati frequenti episodi di discriminazione sono l’Emilia Romagna (11.2%), il Veneto (9.7 per cento), la Toscana (9.1 per cento) e il Piemonte (8.2 per cento). In generale, le segnalazioni arrivate dal Nord Italia costituiscono il 53.6% del totale, contro il 27.6% di quelle del Centro, e il 14% del Sud. In generale, i cittadini stranieri sono stati coinvolti nel 60% dei casi di discriminazione registrati, contro il 27.8% di italiani.
Inoltre, quasi il 40% per cento delle persone che hanno denunciato di essere state vittime di discriminazione “etnica” ha meno di 35 anni, mentre circa il 30% ha tra i 35 e i 44 anni. Un dato che, se da una parte indica che i giovani sono più inclini a segnalare questi episodi, sottolinea anche come l’età costituisca un fattore di discriminazione, per la precisione il secondo dopo quello della provenienza geografica, seguita poi dall’orientamento sessuale (11.2% dei casi).
Per quanto riguarda gli ambiti dove maggiormente si sono verificati, nel complesso, le discriminazioni, al primo posto si trovano i mezzi di comunicazione (19.6%), seguiti poi dai posti di lavoro (18,2%). Parlando dei mass media, è internet il luogo in cui si verificano la maggior parte dei casi di razzismo: si parla del 71.3% dei casi, contro il 19.4% che coinvolgerebbe la stampa tradizionale.
Sul lavoro sembra invece il momento dell’accesso quello più a rischio: in questa fase si registra il 60% delle segnalazioni, mentre il 10% riguarda le condizioni lavorative, il 12.5% il rapporto con i colleghi e il 5.8% le condizioni di licenziamento.
Come tutte le statistiche, questi dati non riportano, ovviamente, il sommerso, ossia tutti i casi che non sono stati segnalati. Se da una parte un aumento delle denunce può dimostrare una certa presa di consapevolezza, dall’altra va sottolineato che i numeri riportati ci mettono di fronte a un quadro decisamente allarmante.