Diversi “profili di incostituzionalità” per un testo il cui contenuto risulta “complessivamente negativo”: è questo, in estrema sintesi, il commento che Antonello Ciervo, avvocato, studioso di diritto costituzionale e membro di Asgi – Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, da in merito al Decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13, contenente “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell’immigrazione illegale” (qui si può leggere il testo del decreto).
Già prima della pubblicazione di quello che è stato comunemente definito piano Minniti, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 2017, il decreto aveva sollevato non poche polemiche (alcuni esempi si possono leggere qui, qui e qui).
La presentazione del piano è stata accompagnata dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Ministro dell’Interno Minniti, che ha parlato dell’istituzione di nuovi centri detentivi, di rimpatri più veloci, della possibilità di prevedere lavori non retribuiti per i richiedenti asilo. Misure che abbiamo commentato (qui e qui), evidenziando la mancanza di un cambiamento rispetto all’approccio securitario, stigmatizzante e repressivo che contraddistingue la politica nazionale e, allargando la prospettiva, europea sull’immigrazione, e all’interno del quale il piano sembra inserirsi in un binario di continuità.
Ora che il testo del decreto legge è stato pubblicato, il 17 febbraio, in Gazzetta Ufficiale, abbiamo chiesto un commento a Antonello Ciervo. “Prima di tutto una precisazione: il decreto, che sta passando con il nome di piano Minniti, dovrebbe essere chiamato piano Minniti-Orlando, perché è opera del ministro dell’Interno tanto quanto di quello della Giustizia”. Quella di Ciervo non è una puntualizzazione di dettaglio: “Il decreto rappresenta la fusione delle due linee del governo, quella securitaria del ministro Minniti (espressa chiaramente dalle dichiarazioni del rappresentante del Viminale. Presentando il piano, Minniti affermava: “Da tempo ho un’idea: sfatare il tabù che le politiche di sicurezza siano ‘par excellence’ di destra. (..) Sono da sempre convinto che la sicurezza sia pane per i denti della sinistra”; qui un nostro commento , e quella maggiormente legata, invece, al ministero presieduto dall’on. Orlando: “Il cuore di questo decreto consiste proprio nella riforma generale del processo per il riconoscimento della protezione”, sottolinea Ciervo, evidenziando le radicali trasformazioni che subirà il processo, in un cambiamento in negativo che “andrà a erodere i diritti dei richiedenti asilo”.
Secondo Ciervo, sono diversi i profili di incostituzionalità rilevabili nel testo. In primis, il ricorso stesso allo strumento del decreto legge: “Una misura che si applica solo in condizioni di urgenza”, come ben specificato nel testo del decreto, fin dal titolo. Una misura che però in questo caso verrebbe snaturata, visto che la nuova legge verrà applicata “sui processi in vigore tra 180 giorni”, come indicato nel testo. “Se un’urgenza c’è, allora l’applicazione dovrebbe essere immediata. Invece, si parla di urgenza ma si posticipa l’azione”, in quella che viene ravvisata come “una mossa puramente politica”, in vista delle nuove elezioni.
Il secondo aspetto evidenziato da Ciervo è relativo alla possibilità di presentare ricorso, e alle modalità per farlo. Il decreto legge indica che il colloquio tra il richiedente asilo e i membri della Commissione per il riconoscimento della protezione sarà ora videoregistrato con mezzi audiovisivi. Se al richiedente asilo non sarà riconosciuta la protezione potrà, entro 30 giorni, presentare ricorso. Ad oggi le udienze possibili sono tre: con l’entrata in vigore del dl, invece, si elimina il secondo grado di giudizio, e l’udienza ai fini del contradditorio non viene più prevista. “La regola sarà dunque la totale assenza di udienze, che diventeranno l’eccezione”, sottolinea Ciervo. Quali saranno gli effetti pratici? “Si va di fatto a eliminare il confronto, la possibilità del richiedente asilo di essere interpellato”, sottolinea l’avvocato, evidenziando l’aumento di discrezionalità che causerà questa norma. “Sarà solo il giudice a poter richiedere l’udienza, ad esempio se si accorge, dalle registrazioni video, che il richiedente asilo non è soddisfatto della versione dell’interprete”.
Cancellando l’appello, il ricorso va direttamente in Cassazione. Ma ad oggi la Cassazione non discute i ricorsi in udienza pubblica. “Sembrerebbe, di fatto, l’applicazione di un escamotage per non permettere il verificarsi stesso dell’udienza”, sottolinea Ciervo.
Di fatto, misure che andrebbero a violare l’art. 111 della Costituzione (il diritto a un giusto processo), l’art. 24 (il diritto di difesa), e l’art. 6 della Convenzione europea sui diritti umani (diritto al contraddittorio).
Diverse critiche in merito sono arrivate dall’Associazione Nazionale Magistrati (alcuni esempi qui e qui) e addirittura dal Primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio. In risposta, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha sottolineato che l’obiettivo sarebbe quello di snellire le procedure, senza però voler mortificare il contradditorio. “Voglio rassicurare sul fatto che il giudice di primo grado sarà tenuto a fissare l’udienza quando valuterà la necessità di sentire personalmente il richiedente asilo, quando riterrà indispensabile che le parti diano chiarimenti. Il richiedente asilo potrà inoltre chiedere al giudice di essere sentito, e spetterà a quest’ultimo valutare se l’ascolto diretto sarà o meno necessario”, ha sottolineato il ministro, palesando, di fatto, la forte discrezionalità sottesa alla garanzia di un diritto.
In realtà, secondo Ciervo il rischio reale è che si vada a ingolfare ulteriormente l’intero sistema giudiziario italiano, eliminando i gradi di giudizio e portando dunque tutti gli appelli in Cassazione. Un timore condiviso dall’ANM e dal Presidente Canzio.
Il giudizio complessivo sul decreto espresso da Ciervo è negativo: “la soluzione alle lungaggini burocratiche che gravano sulle vite dei richiedenti asilo non è l’eliminazione dell’appello e delle garanzie fondamentali”. Inoltre, un ulteriore elemento da chiarire riguarda l’istituzione presso i tribunali ordinari di sezioni specializzate in materia di diritto di asilo, previste dal decreto: un’implementazione che non contempla alcun “onere aggiuntivo per la finanza pubblica, né incrementi di dotazioni organiche”. Come verranno istituite dunque queste nuove sezioni? Chi saranno i magistrati competenti, visto che non viene previsto un aumento dell’organico? “Sembra che tutto rimanga uguale” nota Ciervo.
La sensazione, secondo l’avvocato, è che ci si trovi di fronte a “mera propaganda politica”. Con il serio pericolo che questa ricada, nel concreto e in chiave negativa, sulle persone e sui loro diritti.
Serena Chiodo