Non solo Koulibaly. Anzi: sui campi di calcio, soprattutto in quelli piccoli, è in aumento il razzismo. O almeno questo è quanto si desume dai dati presentati dall’Associazione Italiana Calciatori che da cinque anni pubblica un rapporto sui casi di intimidazione e violenza nei confronti di calciatori professionisti e dilettanti dal titolo “Calciatori sotto tiro”. Il rapporto parla di 478 casi nella stagione 2017/2018 , ma siccome noi non ci occupiamo di calcio, quel che ci interessa sottolineare è l’aumento dell’incidenza dei casi di razzismo negli stadi grandi e piccoli. Con la differenza che gli episodi clamorosi e famosi si vedono, fanno notizia, determinano multe, curve chiuse e, quindi, vengono in qualche modo scoraggiate.
Tra i quasi 478 casi di violenza e intimidazione documentati, quelli di razzismo sono il 41% (erano il 21% nella stagione 2015/2016 e il 36% nella stagione 2016/2017). Nell’ultima stagione, insomma, il razzismo è diventato la causa più ricorrente delle violenze e delle intimidazioni documentate da Aic. A seguire la sconfitta o un rendimento sportivo al di sotto delle aspettative (19%). Tre anni fa le violenze in caso di sconfitta erano il 58%.
In generale crescono i casi nei campionati giovanili e diminuiscono in Serie A. Il nord è l’area più pericolosa dove giocare e “lo stadio è il luogo predominante delle minacce e il calciatore viene colpito (nella maggior parte dei casi da tifosi avversari) quando è solo (71% dei casi) perché è più indifeso”.
I dati dell’AIC sono illuminanti perché ci raccontano un razzismo diffuso nel calcio e anche perché, essendo una serie storica, ci dicono cosa è cambiato. Il numero di episodi aumenta in maniera costante negli anni e crescono gli attacchi ai singoli mentre diminuiscono quelli alle squadre. Gli episodi sui campi delle squadre giovanili toccano un picco nel 2018 e man mano che cresce il numero di episodi di razzismo cambia l’area del Paese dove il numero di incidenti si verifica.
Cambia anche il tipo di aggressione/insulto. Il 2018 è l’anno record per i cori ed è l’anno in cui gli episodi nel Nord superano nettamente quelli del Sud e del Centro. Se nel 2013/14 la maggior parte delle aggressioni avveniva al Sud in caso di sconfitta, nel 2017/18 il record spetta al Nord – e, come notato, il razzismo è la prima causa. Con il 48% di episodi, il Nord equivale quasi al resto delle macroaree del Paese.
In sintesi: il razzismo è moneta corrente in alcune regioni. Se infatti aumentano i cori e gli episodi nei campi giovanili, non possiamo parlare solo e tanto di gruppi di ultrà infiltrati dalla destra (come è il caso di alcune curve), ma di un uso dell’insulto razzista come normalità. Magari da parte dei genitori o amici venuti a vedere la partita di un figlio o compagno di scuola.
Ce ne eravamo accorti: consultando il nostro database alla voce sport (che non è solo il calcio) nel 2018 abbiamo documentato 59 casi http://sostieni.cronachediordinariorazzismo.org/?p=61961&preview_id=61961&preview_nonce=e358d74d32&_thumbnail_id=-1&preview=true , gran parte dei quali riguarda proprio il mondo del calcio.
E non solo quello di serie A.