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Cronache di ordinario razzismo

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Dagli all’untore: i media e il caso dei rifiuti Msf

21 Novembre 2018

Ne “I promessi sposi”, un romanzo su cui la scuola italiana fonda una parte della narrazione sulla costruzione dell’identità nazionale, un romanzo che dovrebbe essere caro ai lombardi, si racconta della peste del 1630. In quelle pagine Manzoni racconta anche degli untori, figure che avrebbero diffuso la malattia ungendo con olii infetti le porte delle case. Una fantasia. Eppure nell’occasione di quella epidemia, come era capitato altre volte, le voci che circolavano, le teorie di alcuni dotti e persino alcuni esponenti del potere temporale ed ecclesiastico, ci credettero. Il risultato fu il linciaggio (o il tentato linciaggio) di persone giudicate sospette. Manzoni ricorda due episodi.
È difficile non pensare alle voci sugli untori leggendo gli articoli di certi giornali sull’inchiesta della Procura di Catania che accusa Medici Senza Frontiere di aver trafficato in rifiuti pericolosi.

“Chiamateli zozzoni del mare”, è il titolo del commento di Marco Belpietro, che equipara il presunto smaltimento di rifiuti speciali in discariche normali alla Terra dei fuochi, quell’area del Paese dove da decenni si seppelliscono rifiuti tossici e si muore per loro causa. Gli zozzoni del Mare truffano per risparmiare e la ragione per cui lo fanno sono “solo e sempre i soldi”. Chi difende il lavoro delle Ong, invece è un “facilitatore dell’infezione”.

Anche questo caso si risolverà come quello in cui la stessa Procura accusava le Ong di essere complici degli scafisti – ovvero con un nulla di fatto?

Sappiamo per certo che MSF non fa traffico di rifiuti. Salva vite in operazioni di salvataggio che non dovrebbe compiere se in mare ci fossero navi degli Stati membri dell’Ue a occuparsi di salvare vite umane. Ma da parte sua, l’organizzazione umanitaria ha specificato che “tutte le nostre operazioni in porto, compresa la gestione dei rifiuti, hanno sempre seguito procedure standard. Le autorità competenti non hanno contestato queste procedure né individuato alcun rischio per la salute pubblica da quando abbiamo avviato le attività in mare nel 2015.”

Tornare ad accusare MSF di lavorare per soldi, di fare loschi traffici per tornaconto, è davvero grottesco. Ma è tipico di certo giornalismo tifoso che usa un linguaggio a tratti razzista e non perde occasione di mettere in relazione i mali del Paese con la “peste migratoria”.

Un buon esempio è il titolo de Il Giornale: “Scabbia, tubercolosi e Aids, dai migranti una bomba sanitaria”. Ora, ci sono alcune malattie che capita di contrarre se si vive per mesi in Libia in condizioni sanitarie che definire precarie è molto riduttivo. E queste malattie si curano con degli antibiotici semplici. Altre no. Altre ancora (è il caso di meningite e tubercolosi) non si trasmettono attraverso i vestiti sporchi. Nemmeno l’Aids, che richiede un contatto diretto con materiale organico della persona malata, sangue o saliva, ma non all’aria aperta, dove il virus HIV non sopravvive. Ma questo non impedisce di parlare di pericolo contagio, bomba sanitaria, epidemie prossime venture. Ricordate? Mesi fa era la volta del colera a Napoli. Una bomba sanitaria che non c’è mai stata perché non c’era, dicevano i medici, alcun rischio di contagio.

Non siamo più nella Milano atterrita dalla peste e non siamo più nel 1600. Eppure ci sono media a cui piace additare gli untori al popolo. Se poi ci scappa qualche aggressione a un immigrato presunto untore, sia chiaro, le due cose non sono minimamente in relazione tra loro.

Martino Mazzonis

Filed Under: News, Primo piano Tagged With: acquarius, colera, media, medici senza frontiere, Msf, ong, procura di Catania, rifiuti

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