“Siamo uguali solo se ce n’è per tutti”: è il titolo molto efficace di una tavola contenuta nel rapporto presentato il 5 luglio a Roma da Anci Cittalia sul tema della cittadinanza. Si riferisce ad alcuni dei risultati di un sondaggio che l’associazione dei Comuni italiani ha proposto a un campione rappresentativo di 1000 persone sul tema dell’immigrazione e della cittadinanza italiana.
Alla domanda che chiedeva di esprimere un’opinione sulle modifiche introdotte da alcune regioni o enti locali, che subordinavano la garanzia di alcuni diritti (quali ad esempio l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica) al possesso della cittadinanza italiana o alla presenza sul territorio da almeno cinque anni, il 41% dei rispondenti ha dichiarato di ritenerle giustificate, “perché è giusto garantire in primo luogo i cittadini italiani”. Solo il 29% le ha definite discriminatorie e dunque da condannare, mentre il resto degli intervistati si è diviso tra chi considera il requisito della cittadinanza italiana opportuno (34%) e chi invece attribuisce una maggiore rilevanza al requisito della residenza (16%).
Naturalmente il sondaggio ha indagato anche molte altre opinioni sui diversi aspetti attinenti alla presenza dei cittadini stranieri e ai loro diritti di cittadinanza, ma le risposte date a questa domanda sono, a nostro parere, molto significative. Mettono in luce il rischio che la crisi economica e sociale attualmente in corso (l’indagine è stata svolta tra il gennaio e l’aprile 2012) favorisca la crescita di un sentimento competitivo tra cittadini italiani e stranieri proprio con riferimento della garanzia dei diritti sociali. Indicative da questo punto di vista le opinioni espresse dai rispondenti sul grado di tutela offerto dallo stato italiano ai cittadini stranieri: ad es. il 29% pensa che ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti non abbia parità di tutela del diritto alle cure urgenti o essenziali, percentuale che sale al 51% quando la domanda è riferita ai cittadini stranieri senza documenti. Le risposte alla domanda, che chiede di esprimersi sulle politiche e non direttamente sull’opportunità o meno di garantire alcuni diritti di cittadinanza, potrebbe rivelare indirettamente che buona parte dei rispondenti considera “ragionevole” un trattamento differenziato tra cittadini italiani e stranieri, soprattutto quando sono “irregolari”, anche quando ad essere in gioco è il diritto alle cure essenziali.
Segnali analoghi emergono anche con riferimento al diritto all’istruzione, all’obbligo scolastico e all’assistenza sociale.
La presentazione dei risultati dell’indagine campionaria costituisce in realtà solo l’ultimo capitolo del rapporto. Molto interessante e utile è il lavoro che è stato svolto per procedere all’analisi dell’evoluzione in serie storica della presenza minori stranieri nati e/o cresciuti in Italia e all’impatto che l’attuale legislazione in materia di cittadinanza da un lato e la proposta di iniziativa popolare di riforma della legge 91/92 consegnata al Parlamento da parte dei promotori della campagna l’Italia sono anch’io dall’altro, potrebbero avere tra quindici anni. La stima è stata svolta a partire dai dati disponibili su 10 città italiane, purtroppo tutte del Nord, e poi proiettata sulla dimensione nazionale.
Partiamo dai dati reali. Tra il 2000 e il 2010, ci ricorda l’Anci, i minori stranieri residenti in Italia sono cresciuti esponenzialmente: da 229.881 sono passati ai 993.238 all’1 gennaio 2011 quando rappresentavano il 21,7% del totale degli stranieri residenti e il 9,7% del totale dei minori residenti in Italia. Parallelamente è cresciuta anche l’incidenza dei nati in Italia sul totale dei minori stranieri: nel 2000 era pari al 4,5%, a fine 2010 era salita al 13,6%.
L’aspetto più innovativo del lavoro risiede nel tentativo di elaborare un modello per stimare l’andamento dell’acquisizione della cittadinanza italiana per i prossimi anni a partire dall’analisi dei dati disponibili in 10 città per gli anni 2003-2010. I risultati di questo lavoro sono stati illustrati da Monia Giovanetti, di Cittalia, curatrice del rapporto insieme a Veronica Nicotra.
Nel complesso delle 10 città considerate dalla ricerca, la popolazione straniera residente è aumentata in sette anni del 129,6%, i minori stranieri sono cresciuti invece del 74%. Le acquisizioni di cittadinanza, sempre considerate nel complesso delle 10 città, da 336 nel 2004 sono passate a 1968 nel 2010 registrando una variazione percentuale del 485%. L’aumento più significativo in termini relativi è registrato dall’acquisizione di cittadinanza ex art. 4 legge 91/92 (nati e residenti in Italia regolarmente e ininterrottamente per 18 anni). Sulla base delle previsioni Istat sulla popolazione fino al 2065, Anci prova a calcolare il numero di minori stranieri che nei prossimi 15 anni si troverebbero nelle condizioni di poter richiedere la cittadinanza ex art. 4 e il numero di cittadinanze che potrebbero essere rilasciate. Le 3967 cittadinanze ex art.4 rilasciate nel 2011 si stima che potrebbero diventare circa 57.026 nel 2027 alle quali potrebbero aggiungersi circa 50mila neocittadini ex art.14. In breve a legislazione invariata, nel 2027 circa 111mila minori stranieri potrebbero diventare neocittadini ma rappresenterebbero solo il 7% dell’universo dei minori stranieri a quel punto presenti in Italia, stimati nell’ordine dei 2 milioni.
Se invece la legge cambiasse così come proposto dalla campagna L’Italia sono anch’io a partire da domani, ipotizza l’Anci, acquisirebbero la cittadinanza circa il 71% degli attuali residenti stranieri, 658.000 persone, e nel 2029 i minori stranieri esclusi dalla cittadinanza sarebbero solo 300.000.
Ma non è tanto e solo una questione di numeri. Gli ospiti intervenuti nel corso della presentazione, hanno ricordato che la cittadinanza è “il diritto di avere diritti” (Hannah Arendt) e sono giunti a chiedersi se la cittadinanza non possa essere considerata anche un diritto umano fondamentale dal momento che, come ha ricordato Paolo Morozzo della Rocca, la dichiarazione universale dei diritti umani stabilisce il diritto di ciascun individuo ad avere una cittadinanza (Art.15). Molteplici gli inviti a sviluppare le attività di informazione sulle norme che regolano l’immigrazione e la cittadinanza rivolte sia ai cittadini stranieri che a quelli italiani. Perché quel 34% di minori aventi diritto che non ha fatto richiesta della cittadinanza nel 2011 potrebbe non averlo scelto consapevolmente e perché il lavoro da fare per avvicinare le cosiddette “percezioni” degli italiani alla realtà delle migrazioni e delle politiche istituzionali in materia sembra ancora decisamente molto.