Mentre una parte dell’Italia sta cercando di evidenziare come in questo momento sia del tutto inutile, oltre che controproducente, innalzare nuovi muri discriminatori, perché questo virus colpisce tutti, a Nettuno (RM), la Domenica delle Palme, che per antonomasia dovrebbe essere una giornata di “pace”, si è trasformata in un giorno di “guerra”.
Un gruppo di circa trenta di cittadini, in barba al decreto del governo che vieta gli assembramenti e alle restrizioni imposte dalle ordinanze comunali, si è raccolto in presidio all’ingresso di un centro di accoglienza per “bloccare” l’arrivo di circa 50 richiedenti asilo.
La struttura di accoglienza di via Sele avrebbe dovuto ospitare, per la quarantena, per garantire secondo i protocolli di tutte le strutture comunitarie l’isolamento e l’interruzione delle linee di contagio del virus, alcuni migranti provenienti da un centro di accoglienza del Casilino (che ne ospita 220), gestito dalla cooperativa Medihospes, in seguito all’accertamento di un caso positivo al Covid-19.
Fatto ancor più grave è che la manifestazione sia stata capeggiata da rappresentanti delle istituzioni, assessori e consiglieri comunali di centrodestra (gli assessori Claudio Dell’Uomo, ex Lega, e gli azzurri Luca Tammone e Ilaria Coppola, nipote del sindaco, insieme ai consiglieri comunali Massimiliano Rognoni, ex Lega, Lucia De Zuani, ex Lega, Fabrizio Tomei ed Elisa Mauro, entrambi di FI, e Genesio D’Angeli, di FdI).
E’ stato necessario l’intervento della Polizia, che ovviamente è dovuta intervenire per identificare i presenti, i quali, contrariamente a quanto il buon senso e il senso civico suggerirebbero, hanno cominciato a postare delle foto nei vari profili e gruppi social, invitando gli altri cittadini ad uscire di casa e a raggiungerli al presidio.
Il tutto in piena violazione delle regole dell’emergenza sanitaria (un’uscita assolutamente ingiustificata per una manifestazione non autorizzata), soltanto per “difendere la città”.
Il solo “annuncio” dell’arrivo dei migranti da parte del Sindaco, sostenuto da una maggioranza leghista, ha gettato nel panico la cittadinanza (secondo gli ultimi dati della protezione civile, a Nettuno sono stati registrati 50 cittadini positivi al Covid-19, 6 decessi, 4 soli guariti e 58 persone in isolamento domiciliare).
Secondo alcune dichiarazioni raccolte dalla stampa locale, pare che sia stato proprio il sindaco a lanciare la mobilitazione con dei proclami molto accesi (“La maggioranza di centrodestra non intende accettare supinamente questa decisione”). Salvo poi ricevere un contrordine da parte della Prefettura stessa, che ha rinunciato a inviare i migranti, sistemandoli altrove, in una struttura di Pomezia. Ovviamente, per il sindaco si è trattata di una vittoria: “Si è scongiurato l’arrivo dei migranti a Nettuno. Ringrazio per la sensibilità il Prefetto di Roma che ha ascoltato i timori del nostro territorio già provato da troppi casi di Coronavirus”.
Ma “risolto” il caso Nettuno, ecco che l’attenzione si sposta ad Anzio, dove il sindaco leghista, Candido De Angelis, criticando il trasferimento nella sua città di circa venti migranti, chiede alla Prefettura, all’Asl e alle forze dell’ordine rassicurazioni sul rispetto di tutte le misure previste per far fronte all’emergenza coronavirus.
Per uno stupido meccanismo di emulazione, ovviamente, scatta l’assurdo automatismo del: “Perché li devo accogliere io, se non li hai accolti tu?”. “Resto basito – avrebbe dichiarato il sindaco- su come si possa, in piena emergenza, trasferire un numero imprecisato di migranti da una città all’altra senza neanche informare l’amministrazione comunale”. A questo si è aggiunto anche l’intervento del gruppo locale di Fratelli d’Italia: “Chiediamo al Sindaco, al Prefetto e alle Autorità competenti, l’immediata ricollocazione degli stessi migranti nei centri di accoglienza precedenti, per veder tutelata la salute dei propri concittadini che con tanti sacrifici e tanta pazienza stanno rispettando le regole governative. Chiediamo inoltre che vengano effettuati tamponi su tutti gli immigrati presenti nel centro accoglienza di via Portono ed instituito un presidio presso delle autorità competenti al fine di garantire le “regole uguali per tutti”.
Dichiarazioni che seguono una tesi assurda e schizofrenica, secondo la quale i migranti “non seguirebbero le regole” come gli italiani e dovrebbero fare i tamponi perché “untori”. Una logica che andrebbe completamente ribaltata con una lettura ed una narrazione dell’emergenza del tutto differente.
Le regole dovrebbero davvero seguirle tutti, evitando anche assembramenti illogici e inutili come quello di Nettuno, ad esempio. E i tamponi, cosi come la diffusione di tutti i presidi sanitari volti ad arginare la diffusione del virus, andrebbero fatti a tutti, perché il diritto alla salute è universale e perché questo virus non conosce né frontiere né nazionalità.
Ma i muri non finiscono qui. Altre, molte, amministrazioni comunali, dovendo stabilire i criteri di assegnazione dei soldi stanziati dal governo sotto forma di buoni spesa per chi è in difficoltà in seguito dell’emergenza sanitaria, stanno mettendo “paletti” molto restrittivi per l’accesso al beneficio (noi ne abbiamo parlato qui).
Caso estremo quello di Ferrara, dove il Sindaco, il leghista Fabbri, ha palesemente violato il principio di «uguaglianza dei cittadini» riesumando, persino in un contesto come questo, il ben noto slogan “Prima gli italiani”. Lo ha fatto non solo inserendo fra i requisiti richiesti per ottenere gli aiuti «la cittadinanza italiana o la cittadinanza di uno Stato appartenente all’Unione Europea», ma anche stilando una sorta di “graduatoria” che non valuta l’effettivo bisogno di sostegno economico delle persone che ne fanno richiesta, ma si basa sul possesso della cittadinanza italiana o eventualmente di uno Stato europeo, come requisiti prioritari e solo in estremo subordine di uno Stato non europeo (ma con permesso di soggiorno di lungo periodo, ndr).
Secondo Fabbri, l’esclusione sarebbe dovuta al fatto che “gli stranieri che non possiedono il titolo da lui richiesto, fruirebbero già di altri sostegni sociali”.
Subdolo e strisciante il razzismo ai tempi del Coronavirus.