La notizia è stata data quattro giorni fa dal quotidiano il Tempo, che in un articolo di Valeria Di Corrado, annunciava: “Un altro giudice indaga su Salvini”. E commentando il fatto come una sorta di “assedio” al Ministro, aggiungeva: “pure la Corte dei Conti apre un fascicolo sul caso della nave Diciotti. Contestato al ministro il danno erariale per non averla fatta attraccare subito”.
Gli ha fatto immediatamente da sponda il Giornale: “Un altro pm indaga su Salvini: ‘danno erariale’ per la Diciotti”.
Come dire che già quanto accaduto una settimana prima non fosse stato abbastanza. Eppure se si leggesse soltanto questo tipo di “stampa”, si resterebbe convinti che davvero il Ministro sia “assediato” da ogni parte: prima l’apertura dell’inchiesta da parte del pm Luigi Patronaggio ad Agrigento (omissione di atti di ufficio e sequestro di persona a scopo di coazione), poi la lettera recapitata dalla procura di Palermo con cui il procuratore lo informava di essere ufficialmente nel registro degli indagati, poi ancora la notizia che “quelli della Diciotti” (ne abbiamo parlato qui) si potrebbero costituire parte civile in caso di processo. Ora, un fascicolo della Corte dei Conti.
Il Ministro, alla notizia della nuova indagine sul suo conto, ha commentato su Facebook: “Ora mi denunciano anche per “danno erariale” per aver bloccato le navi cariche di immigrati. Ma quanta pazienza serve? Comunque un’altra medaglia, non si molla!”. Alla base di questo nuovo fascicolo c’è l’esposto presentato da Possibile, lo scorso 23 agosto. Civati denunciava e chiedeva se, «trasportare i migranti per tutto il Mediterraneo, come è accaduto con la nave Aquarius, o tenerli bloccati in questa situazione (quella della Diciotti ndr), non abbia dei costi totalmente al di fuori della legge e del rispetto degli iter amministrativi». I giudici del Lazio, con giurisdizione nelle materie della contabilità pubblica, stanno esaminando ben tre episodi: il primo riguarda le spese di navigazione sostenute dallo Stato per far approdare il 17 giugno scorso la nave Aquarius nel porto di Valencia, con 629 migranti, dopo 9 giorni in mare e un braccio di ferra tra Italia e Malta; il secondo risale al 13 luglio, con lo sbarco della nave Diciotti a Trapani, rinviato su disposizione del ministero dell’Interno; il terzo riguarda la decisione con cui, il 20 agosto, il Ministro dell’Interno ha imposto a 177 migranti, tratti in salvo 4 giorni prima al largo di Lampedusa, di restare a bordo del pattugliatore della Guardia costiera italiana, ancorato nel molo di Catania. “Abbiamo depositato un esposto alla Corte dei conti per fare chiarezza su quanto siano costate all’erario le scellerate decisioni del governo – si legge in una nota firmata da Andrea Maestri, esponente di Possibile, sul portale internet del partito – Sotto i diktat del ministro dell’Interno si sono verificati degli episodi che, molto probabilmente, hanno richiesto un esborso notevole alle casse dello Stato: l’ultimo dell’elenco è il caso della Diciotti, la nave bloccata a Catania”.
Il quotidiano Avvenire, il 29 agosto scorso (Nave Diciotti. Senza il «blocco» avremmo risparmiato oltre 200.000 euro, di Antonio Maria Mira), aveva scritto che “tenere in ostaggio per 10 giorni i 177 richiedenti asilo su nave Diciotti è costato almeno 5 volte di più che ospitarli in un Cas, come quello dove 100 di loro si trovano ora a Rocca di Papa”. Nell’articolo, si mettevano in evidenza i costi (ovvero il denaro pubblico speso) che includevano circa 200mila euro non previsti, cui aggiungere poi gli esborsi per coprire le traversate verso la Spagna delle navi militari che avevano accompagnato la Aquarius.
Secondo Possibile, questo tipo di operazioni sono costate alle casse dello Stato circa 10mila euro al giorno. E anche Avvenire, che ha pur fatto delle stime al ribasso, sostiene che ci sarebbero altri costi da aggiungere: quello degli straordinari del personale della Diciotti, il costo giornaliero della convenzione per l’assistenza a bordo del vascello della Guardia costiera, fornito dal Cisom (il Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta) e dalla Organizzazione non governativa italiana Intersos.
Anche NeXt, sempre il 29 agosto (Quanto ci è costata la raffinata strategia di Salvini sulla Diciotti, di Giovanni Drogo), aveva ipotizzato, in un’attenta analisi, i costi della Diciotti: “le navi della classe della Diciotti hanno un costo operativo orario (quando sono in navigazione) pari a 740,15 euro. L’operazione di salvataggio della Diciotti è iniziata il 15 agosto e si è conclusa con l’approdo al porto di Catania il 21 agosto. La nave è quindi rimasta in navigazione per sette giorni (168 ore) prima di ricevere l’ok per l’attracco dal Viminale. In totale in quel lasso di tempo l’Italia ha speso 124.345 euro”. Spese “ordinarie” alle quali ne vanno aggiunte molte altre (come anche le spese per acqua, vitto e beni di prima necessità, le spese per l’equipaggio, che è stato costretto ad occuparsi dei migranti invece che poter svolgere altri incarichi operativi, e poi i costi dell’assistenza medica e sanitaria a bordo, fra i tanti).
Insomma, conti fatti alla mano, una forma di accoglienza “normale”, secondo Possibile e i due quotidiani, sarebbe costata quasi un quinto in meno dell’operazione Diciotti voluta dal Ministro.
Eppure, a giugno, lo ricordiamo, lo stesso ministro aveva promesso agli italiani di «dare una bella sforbiciata» alla spesa pubblica da sostenere (circa 5 miliardi di euro previsti per il 2018 di risorse statali, al netto dei contributi Ue) per finanziare tutto il sistema di assistenza, accoglienza, formazione e soccorso in mare.
Andando di questo passo, veleggiando a “porti chiusi”, il “danno” allo Stato potrebbe essere di gran lunga superiore. Non solo in denaro, ma soprattutto in costi umani.
Quelli che non vengono mai messi nel conto.