Cosa, dove e quanto leggono le collaboratrici domestiche e familiari straniere? Di quale patrimonio culturale sono portatrici e quali aspettative culturali hanno nel nostro paese? Sono queste le domande che hanno ispirato la pubblicazione “Così vicine, così lontane. Una ricerca sui bisogni e i consumi culturali delle cittadine straniere”, presentata a Roma il 18 ottobre scorso.
Il lavoro di ricerca, durato due anni, è stato realizzato dalle donne delle Associazioni LIPA e No.Di (Nostri Diritti), in collaborazione con il Sistema Bibliotecario Provinciale, in particolare con la rete delle otto Biblioteche del Mondo presenti nei comuni di Anzio, Bracciano, Fiumicino, Ladispoli, Lanuvio, Mazzano Romano, Tivoli, Zagarolo. Una rete prevalentemente composta da donne, le bibliotecarie, si è attivata per dare voce alle collaboratrici domestiche e familiari che, come ricorda l’Assessore alla Cultura della provincia di Roma Cecilia D’Elia, “non emergono mai come soggetti, cittadine, ma solo come numeri”.
Si è voluto dunque, in questo lavoro, raccogliere “vere e proprie storie di vita”, come afferma Luci Zuvela, presidente di Lipa, “andando a intervistare in profondità 85 donne e 5 uomini di origine straniera impegnati nel lavoro di cura” con l’obiettivo di far emergere “non l’aspetto economico e sociale delle loro figure, già rilevata da tanti studi sociologici ed economici – rileva l’assessore D’Elia – bensì la loro fruizione di cultura e servizi culturali”.
I risultati delle interviste evidenziano che le collaboratrici domestiche e familiari, pur essendo impegnate in un lavoro che occupa gran parte della loro giornata, leggono molto, in particolare quelle provenienti dall’est europeo: ben il 76,5% del campione di donne intervistato legge abitualmente, fino a più di 20 libri all’anno per il 15,3%. Il 41,2% preferisce leggere in lingua madre, e il 42,6% in italiano: un rapporto in cui si può vedere anche la forte volontà di condivisione e scambio che caratterizza queste donne. Una spinta, quella al contatto con gli italiani e al voler far conoscere il proprio patrimonio culturale, emersa nell’80% delle intervistate, che hanno anche sottolineato la mancanza di eventi attenti ai vari cittadini presenti sul territorio, proponendo ad esempio una migliore e maggiormente diversificata programmazione cinematografica, o la presenza nelle biblioteche di più libri in lingua.
L’alta percentuale di lettrici non si rispecchia però nei dati sulla frequenza delle biblioteche: oltre il 70% delle donne intervistate non hai mai frequentato le biblioteche, solo il 6% le usa come luogo di lettura, e il 15,3% per il prestito dei libri. L’ostacolo maggiore sembra essere la mancanza di tempo delle donne impegnate nel lavoro di cura, accompagnato da una scarsa informazione: solo il 18,8% delle intervistate si dice soddisfatta del servizio bibliotecario, a fronte dell’81,2% di insoddisfatte, che lamentano, appunto, una scarsa promozione dei servizi.
Le mancanze rilevate dalle donne intervistate non riguardano esclusivamente l’utenza di origine straniera: gli orari di apertura delle biblioteche sembrano pensati per chi non lavora, e gli stessi bibliotecari “hanno riscontrato una scarsa conoscenza dei servizi da parte della loro comunità”. La ricerca evidenzia quindi la necessità di “investire maggiore attenzione e risorse su questi aspetti, per valorizzare meglio i servizi che la biblioteca offre e l’importante ruolo d aggregazione per l’intera comunità locale”, come si legge nel volume.
“Le biblioteche dovrebbero essere posizionate in luoghi di passaggio, come a Madrid, dove sono all’interno delle fermate della metropolitana”, afferma l’esperta di biblioteche Antonella Agnoli, che prosegue: “I servizi delle biblioteche andrebbero ampliati, prevedendo orari serali, attività di coinvolgimento e sostegno ai cittadini. In Italia non c’è la concezione della biblioteca come servizio, come luogo da usare, da sentire proprio: bisogna lavorare su questo, soprattutto in un periodo come quello attuale, in cui l’Italia sta subendo un vero imbarbarimento culturale.”.
La ricerca segnala dunque l’urgente necessità di ripensare i servizi culturali, mettendoli davvero al servizio del cittadino, in un’ottica di apertura a una realtà eterogenea, composta da scambi che sono “il seme della crescita culturale”, come dichiarato dall’assessore alla cultura D’Elia, “a dispetto di tante politiche sull’immigrazione che hanno eretto muri e minato diritti: le politiche culturali devono registrare e capire i grandi cambiamenti culturali del presente, adeguandosi a essi”.
E se in tempi di crisi economica proprio la cultura tende a subire il peso dei tagli effettuati alla spesa pubblica, la ricerca ricorda quanto, proprio in un periodo come questo, i bisogni culturali siano, usando le parole dell’assessore, “bisogni primari, imprescindibili, che legano le persone al senso più profondo della propria esistenza”.
Scarica la ricerca: http://www.provincia.roma.it/sites/default/files/Libro%20ricerca%20badanti.pdf