A Roma, Piazza Vittorio (recentemente restituita ad un uso selettivo e regolato) e i suoi Portici (proprietà dei condomini, ma di uso pubblico) ritornano al centro di un dibattito più che trentennale che, seppur molto localizzato, mette a tema la natura intimamente politica e, dunque, negoziale dello spazio urbano, delle domande di città. E’ questo il cuore dell’articolo di Vincenzo Carbone pubblicato su Il lavoro culturale del 18 febbraio 2021. Ai tempi del Covid, all’Esquilino, il crollo dell’economia del consumo di esperienze della città culturale, e tutto l’esteso indotto, ha messo in crisi l’intero sistema basato sull’estrattivismo turistico, compromettendone l’industria, la connessa rendita immobiliare e finanziaria, travolgendo persino quelle forme molecolari di imprese familiari – grigie e informali, migranti ed autoctone – dei servizi turistici (Airbnb, B&B). Nella città globale dei flussi, l’esposizione alla fragilità ha coinvolto, drammaticamente, soprattutto le famiglie – giovani, bianche e colorate – dei lavoratori precari.