Pubblichiamo un comunicato stampa del
Gruppo Immigrazione Salute del FriuliVG (GrIS Fvg – S.I.M.M.), in merito al trasferimento di numerosi richiedenti asilo e migranti, a vario titolo presenti in situazione di accoglienza nel territorio friulano, presso la caserma Cavalzerani di Udine.
L’ingiunzione è partita dalla prefettura di Udine il 30 aprile, con una comunicazione giunta via PEC: l’associazione OIKOS Onlus e il Centro Balducci devono trasferire 70 richiedenti asilo all’ex Caserma Cavarzerani che fino ad ora avevano trovato ospitalità e assistenza nelle strutture che si occupano di accoglienza. All’ex caserma Cavarzerani devono anche arrivare altri 245 richiedenti asilo che erano stati ospitati in una decina di alberghi della provincia con l’ausilio della Croce Rossa. Dal primo maggio, giorno in cui sono scadute le convenzioni per la gestione dell’accoglienza, tutti devono essere trasferiti nell’ex caserma, finora utilizzata per la prima sistemazione dei richiedenti asilo. Una scelta che le associazioni definiscono come una vera e propria deportazione. Che colpisce persone con invalidità, disagi psichigi e donne incinte con bambini a carico.
Qui di seguito il testo circolato ieri su Facebook.
La tutela della salute si realizza attraverso l’accesso ai servizi sanitari, ma anche attraverso la garanzia di condizioni sociali come casa, reddito, istruzione, ambiente di vita e di lavoro, che determinano la salute fisica e mentale delle persone.
Ecco perchè come Gruppo Immigrazione Salute del FriuliVG (GrIS Fvg – S.I.M.M.), di fronte alle notizie relative al trasferimento di molte persone migranti, dall’attuale accoglienza in piccoli gruppi distribuiti sul territorio all’interno della Caserma Cavarzerani, esprimiamo la nostra preoccupazione ricordando ancora una volta che:
• smantellare un sistema che ha garantito in questi anni percorsi virtuosi di accoglienza e integrazione,
• ridurre di fatto l’accesso alla accoglienza in piccoli gruppi, diffusa sul territorio,
• indirizzare i migranti verso grandi centri di accoglienza che non sempre possono offrire servizi adeguati alle persone più vulnerabili, significa che una vasta schiera di soggetti fragili e di beneficiari di permessi speciali
resterà esclusa dai percorsi di integrazione e di formazione, con ripercussioni anche gravi in termini di salute fisica e psichica.
Questa situazione infatti coinvolgerà anche disabili, anziani, donne in gravidanza, genitori soli con figli minori, vittime di tratta-torture-violenze, malati fisici e/o psichici, che dovrebbero venire invece inserite in centri che prevedono percorsi e misure adeguate alle loro specifiche vulnerabilità.
La tutela della salute si realizza attraverso un pieno accesso ai servizi sanitari, ma anche attraverso la garanzia di condizioni sociali come casa, reddito, istruzione, ambiente di vita e di lavoro, che determinano la salute fisica e mentale delle persone. Tanto più quando si tratta di persone sopravvissute a traumi e violenze sia nel Paese di origine che lungo la rotta migratoria quali torture, lavori forzati, stupri e altri abusi gravissimi.
Come ricorda un documento delle organizzazioni medico-umanitarie sottoscritto da Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, Centro Astalli, Emergency, INTERSOS, Medici contro la Tortura, Médecins du Monde, Medici per i Diritti Umani, Medici Senza Frontiere, la tempestiva individuazione di persone con problemi fisici e psichici permette efficaci percorsi di riabilitazione.
Continui e ripetuti trasferimenti forzosi limitano invece la possibilità di un’opportuna presa in carico e comportano il rischio di gravi ricadute negative dal punto di vista non solo della salute individuale e pubblica, del benessere e della sicurezza, ma anche della spesa sanitaria e dei costi sociali per l’integrazione.