Di fatto, nessuna decisione operativa, ma solo una “intesa di principio” in vista del prossimo vertice riconvocato per il 17-18 marzo. La Turchia, dal canto suo, alza la posta in gioco e chiede di raddoppiare i fondi per “sorvegliare” le frontiere da 3 a 6 miliardi entro il 2018. Nella bozza dell’incontro, si prevede innanzitutto che la Turchia si riprenda tutti i cosiddetti “migranti economici” (ovvero, quelli che non avrebbero diritto alla protezione internazionale) che sono arrivati in Grecia dopo aver attraversato illegalmente la frontiera. Inoltre, sarebbero rimandati indietro, a spese dell’Ue, anche i profughi che avrebbero diritto alla protezione internazionale (dunque, siriani compresi) ma che sono approdati illegalmente nelle isole greche dell’Egeo partendo dalle coste turche. E mentre anche le più note organizzazioni internazionali lanciano appelli e scrivono comunicati nei quali esprimono le loro preoccupazioni (qui ad esempio il comunicato e l’appello di Amnesty International), anche l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR) si dice “profondamente preoccupato” per il progetto di accordo Ue-Turchia, come accordo che possa implicare un respingimento “a tappeto” da un Paese ad un altro senza le protezioni di salvaguardia previste dalla legge internazionale.
Qui di seguito un articolo pubblicato sulla rivista left.it, nel quale si tenta di fare chiarezza sul contenuto della bozza di accordo prodotta alla fine del vertice.
Ogni giorno in Europa arrivano circa 2mila persone da Siria, Iraq e Afghanistan. Lo scorso ottobre l’Europa aveva stabilito che 160mila tra i rifugiati arrivati in questi mesi sarebbero stati ricollocati in diversi Paesi, una quota ciascuno. Quattro mesi dopo, ne sono stati ricollocati 700 e a Idomeni, come altrove, c’è la situazione che vedete ogni giorno nelle foto e nei filmati dei telegiornali e nella foto qui sopra: bambini, donne e uomini vivono così perché non ci sono risorse o volontà di dare loro una stufa, un tetto, una scuola.
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