Non è il primo caso e non sarà l’ultimo in cui la Consulta rimanda al mittente discriminazioni. Con una sentenza del 20 giugno depositata un mese dopo (la trovate qui) la Corte costituzionale torna a dichiarare illegittima una legge che discrimina tra italiani e stranieri. In questo caso si tratta dell’articolo 11 comma 13 del decreto legge del 2008 relativo al contributo per gli affitti alle persone con bassi redditi. Quella legge prevedeva come requisito per ricevere il “sostegno affitto” da parte dei cittadini extracomunitari la residenza da almeno 10 anni in Italia o da 5 nella stessa regione.
Come nei casi precedenti riguardanti leggi regionali che regolano l’accesso ai posti negli asili nido in Veneto e l’assegnazione delle case popolari in Liguria di cui abbiamo raccontato, la Consulta ci ricorda come l’articolo 3 della Carta sia chiarissimo:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Secondo la Corte collegare la titolarità di un diritto che riconosce un sostegno a chi non ha un reddito alla durata della residenza è “irragionevole e arbitrario”: risiedendo dieci anni in Italia si ha diritto alla cittadinanza, adottare lo stesso criterio per un contributo all’affitto è, appunto, irragionevole. La norma, inoltre, scrivono i giudici, collega il radicamento di una persona a un territorio alla sua nazionalità (se sei italiano il criterio di residenza in una regione X non vale, se sei europeo neppure, se sei americano o africano sì).
La sentenza è il frutto della battaglia legale condotta da una cittadina salvadoregna contro il comune di Milano, dopo che questa si era visto negare il contributo per l’affitto. Sostenuta dai legali di Asgi e di Avvocati per niente e dopo essersi vista negare il diritto in primo grado, la cittadina ha ottenuto il riconoscimento del suo diritto. Il sostegno legale in casi destinati a fare giurisprudenza – ma anche in casi meno cruciali – si rivela una volta di più uno strumento importante. Si tratta di un ennesimo riconoscimento del fatto che le leggi all’insegna del “prima gli italiani” non hanno cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico.