Fermare i flussi, rafforzare la difesa dei confini, assicurare i rimpatri. E’ ormai un desolante refrain quello che arriva dal Consiglio europeo. Riunitisi ieri a Bruxelles, nel quinto meeting dall’inizio del 2015 focalizzato sulla “questione immigrazione”, i ministri degli interni dei paesi membri dell’Unione non hanno fatto altro che confermare la strategia predisposta da tempo nei confronti delle tante persone che provano a entrare in Europa. Cercandone, in questa sede, una rapida attivazione.
Il primo punto su cui insiste l’Unione europea si conferma essere la “cooperazione con i paesi terzi per fermare i flussi”. Si situa in quest’ottica il piano di azione che l’Unione si appresta ad avviare con la Turchia. L’intesa prevede un finanziamento di tre miliardi di euro al governo di Erdogan da parte della Commissione europea, e la liberalizzazione dei visti, richiesta da Ankara. Queste misure si legheranno ai passi che il governo turco farà “per tenere i migranti nei suoi confini ed evitare che si mettano in viaggio verso la Ue”, come specificato dal presidente lussemburghese della Commissione Ue Jean Claude Juncker.
E’ sempre per bloccare i flussi di persone, oltre che per garantire i rimpatri, che il Consiglio europeo sottolinea l’importanza di stringere accordi con i capi di stato africani. Per rendere effettivi i rimpatri è confermata la creazione degli hotspot, strutture in cui identificare e registrare le persone, per dividerle da chi può fare richiesta di protezione e chi no. Una decisione che può cambiare la vita delle persone, presa da funzionari di Frontex sulla base di criteri definiti dal Consiglio europeo – e tuttora non esplicitati. Il mandato di Frontex verrà ampliato: si occuperà di organizzare le deportazioni delle persone nel paese di provenienza, lo stesso da cui sono fuggite spesso rischiando la vita a causa della mancanza di accessi legali e sicuri.
Se fino a poco tempo fa il Consiglio europeo parlava di lotta ai trafficanti – un modo per edulcorare quelle che in realtà si delineavano come misure di contrasto all’ingresso delle persone -, ora sembra che i rappresentanti istituzionali non sentano più nemmeno il bisogno di presentare con parole di convenienza una strategia politica che vorrebbe fare dell’Europa una fortezza inespugnabile. Ai paesi che si dimostreranno collaborativi in materia di rimpatri e riammissioni, la Commissione europea proporrà entro sei mesi “incentivi su misura”.
Sulla difesa delle frontiere, il Consiglio prevede anche la creazione di un sistema integrato per il controllo dei confini terrestri e marittimi (European Border and Coast Guard System).
Mentre i leader europei discutevano di come fermare le persone che provano a entrare in Europa, un cittadino afghano è stato ucciso dal proiettile sparato da un poliziotto di guardia alla frontiera tra Bulgaria e Turchia (clicca qui). Di fronte alla morte di un uomo, e all’arresto di altri 50 profughi afghani, il presidente del Consiglio Tusk ha rassicurato il presidente bulgaro sul fatto che “la protezione delle nostre frontiere esterne è la nostra priorità principale”. Come se ci fosse ancora bisogno di chiarimenti a riguardo.
Qui è possibile leggere il documento conclusivo del Consiglio europeo