In America i controlli sugli autobus che stanno facendo a Roma li chiamerebbero “racial profiling”, ed è vietato. Qualche anno fa lo sceriffo Joe Arpaio dell’Arizona, famoso per il suo atteggiamento anti ispanici e anti immigrati (le due cose per lui erano la stessa cosa), finì nei guai proprio perché fermava persone con origini chiaramente ispaniche per chiedere loro i documenti. Ora, negli Stati Uniti il documento obbligatorio non esiste e fermare una persona solo per chiederle le generalità è davvero raro. Farlo scegliendo di fermare le persone sulla base del colore della pelle è molto vietato. In Italia le cose non sono uguali: chiedere le generalità o perquisire una persona è una pratica diffusa. Il quadro legale è diverso, certo, ma lo stesso fermare, perquisire le persone solo perché nere non è una pratica accettabile.
Ricordiamo queste cose perché su TPI è comparso un lungo e documentato articolo sul “racial profiling” praticato dalle forze dell’ordine sugli autobus a Roma. L’articolo riporta numerosi casi di perquisizioni sugli autobus nei confronti di persone con origini africane – in alcuni casi senza nemmeno chiedere i documenti, dunque non contestando la liceità o meno della presenza sul territorio italiano. Si tratta di episodi già denunciati da La Fabbrica dei Diritti di cui avevamo parlato qui. Tutti gli episodi segnalati sono avvenuti nei pressi del Pigneto, area di vita notturna e anche di spaccio al minuto operato spesso da persone di origine straniera. Nei casi riportati, però, la polizia non ha fermato persone sospette, semplicemente si è limitata a fermare un autobus, salire a bordo e chiedere i documenti e chiedere di aprire la borsa e svuotare le tasche, solo a persone di origine africana.
UNA GUIDA ONLINE DI “FABBRICA DEI DIRITTI”
Due problemi: lo spaccio al Pigneto è fatto anche da persone africane e maghrebine. I diversi testimoni interpellati da TPI raccontano che le persone straniere non provenienti dall’Africa subsahariana (le persone non “nere” per dirla in maniera brutale) non venivano perquisite. Secondo problema: le persone non venivano davvero perquisite e, dunque, se si fosse trattato di spacciatori, forse non sarebbero neppure state individuate. L’operazione, riferisce un testimone (che a sua volta riferisce parole dette da un funzionario di polizia interrogato durante queste perquisizioni), dura da tre mesi e in tre mesi sono state trovate tre persone in possesso di hashish. Un dispendio di energie notevole per un risultato quasi inesistente. Viene davvero da pensare che queste pratiche siano il frutto di una scelta: quella di mostrare che sono in atto nuove politiche per la sicurezza e intimorire gli immigrati, regolari o meno, onesti o meno, che ogni volta che prendono un autobus in una delle aree a più alta densità migratoria della Capitale, devono sentirsi a rischio di essere fermati e perquisiti in pubblico.
Anche Laboratorio 53 ha segnalato episodi simili con il racconto di alcuni protagonisti:
“Mi chiamo Souleymane. Vivo a Roma da qualche anno e oggi, mentre stavo andando a trovare i miei amici, sono stato fermato dalla polizia vicino la fermata della metro Malatesta”, si legge in un post su Facebook. “Volevano controllare i miei documenti, lo hanno fatto con molta violenza nei toni, nelle parole, nelle azioni. Per fortuna però non mi hanno fatto troppo male e non sono dovuto andare in ospedale come invece è successo a un mio amico, sempre dopo un controllo dei documenti, nello stesso posto dove è capitato a me oggi. Il mio amico è l’unico a cui l’ho raccontato perché anche lui è africano e sa quello che mi poteva succedere. Ma perché devo essere trattato con questa violenza quando devo mostrare i miei documenti? Qualcuno sa dirmi perché?”
“Mi chiamo Mariam e vivo al Pigneto”, prosegue il post. “Oggi ho preso il tram che passa sulla Prenestina, alla fermata più vicina a casa mia. Mentre ero sul mezzo, la polizia ha fermato il tram e ha fatto scendere tutti noi che non abbiamo la pelle bianca. Ci ha fatti scendere in mezzo alla Prenestina e ci ha identificato. Cosa stavano cercando non lo so ma lo cercavano solo tra noi non bianchi. O forse stavano cercando proprio i neri come me? Qualcuno sa dirmi perché mi fanno sentire una ricercata?”