“Occorre che il Dipartimento della gioventù del servizio civile nazionale [..] consenta anche ai cittadini stranieri di accedere al servizio civile”: lo scrive il Consiglio di Stato nel parere n. 1091/2014 depositato ieri, giovedì 9 ottobre 2014.
La posizione del Consiglio era stata sollecitata dall’Ufficio legislativo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali su richiesta dello stesso Dipartimento della gioventù, “in merito alla possibilità di disapplicare l’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n.77, che limita l’accesso al servizio civile ai cittadini italiani”, come si legge nel comunicato stampa congiunto della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento di Gioventù e del Servizio Civile Nazionale e del Ministero del Lavoro e Politiche sociali. Una possibilità su cui il Dipartimento chiedeva chiarezza “in vista dell’adozione di bandi straordinari di SCN”.
Quella dell’accesso al servizio civile è una questione aperta da tempo: molte sentenze dei tribunali e della Corte d’Appello hanno sancito il carattere discriminatorio dell’esclusione dai bandi dei giovani privi di cittadinanza italiana, ordinando contestualmente al governo di modificare i requisiti di accesso (Per alcuni esempi, si veda qui, qui, qui e qui).
Ma, di fatto, nei bandi il requisito discriminatorio non è mai stato eliminato. Se, recentemente, sembrava si potesse pensare a una svolta concreta in tal senso, viste le dichiarazioni del sottosegretario al lavoro Luigi Bobba (a inizio luglio il sottosegretario annunciava la possibilità di una riforma per “aprire il servizio civile agli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese”), il disegno di legge che il governo presentava subito dopo smentiva tale possibilità: “Abbiamo scelto nel disegno di legge di non affidare il servizio civile universale se non ai cittadini italiani”, dichiarava allora il Presidente del Consiglio Matteo Renzi.
Un’esclusione, quella dei cittadini privi della cittadinanza italiana, su cui è recentemente intervenuta anche la Corte di Cassazione, che il 1 ottobre 2014 si è pronunciata sul ricorso – il primo riguardante il Servizio Civile – presentato da un giovane cittadino di origine pakistana sostenuto da Asgi e Avvocati Per Niente (si veda qui). “La materia del contendere nel giudizio in esame era oggettivamente cessata: il ricorrente ha conseguito la cittadinanza italiana e dunque non è più interessato all’esito del giudizio. Il servizio civile 2013 è ultimato. La decisione, qualunque sia, è destinata a essere totalmente priva di effetti pratici per le parti in causa nel giudizio”, fa notare l’avvocato Alberto Guariso, di Avvocati Per Niente, il quale spiega che, “a fronte di ciò, la Cassazione ha ritenuto che la questione posta da ASGI e APN fosse ‘di particolare importanza’, e ha scelto di avvalersi dell’art. 363 cpc a norma del quale la Corte può emettere comunque una sentenza al solo fine di ‘enunciare il principio di diritto’”. Un principio che nell’ordinanza del 1 ottobre 2014 è spiegato in modo molto chiaro: l’esclusione dei cittadini stranieri è discriminatoria perché “preclude al non-cittadino regolarmente soggiornante in Italia la possibilità di un pieno dispiegamento della libertà e dell’uguaglianza, da intendersi anche quale veicolo di appartenenza in senso etico dello stare insieme nella nostra comunità, di accoglienza e di costruzione dei rapporti sociali e dei legami tra le persone in una prospettiva di solidarietà, di pace e di apertura al confronto nell’ambito di una convivenza pluralistica”. (sentenza cassazione). (Per un commento approfondito si rimanda a Asgi).
Ora, anche il Consiglio di Stato sottolinea la necessità di “salvaguardare il principio di parità di trattamento”, e auspica un “sollecito adeguamento della normativa concernente il servizio civile, che, secondo quanto preannunciato dal Ministero interpellante, verrà fatta confluire in un apposito disegno di legge delega (in corso di predisposizione), la quale prevederà che al servizio civile possano accedere anche i cittadini stranieri [..] disapplicando l’articolo 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002”.
Un parere accolto con soddisfazione dal Sottosegretario al lavoro: “Auspico che anche il Parlamento, nell’esame della revisione della disciplina del servizio civile universale, valuti attentamente questo importante pronunciamento di due diversi Organi giurisdizionali“, ha dichiarato Bobbio.
A questo punto è fondamentale “un intervento urgente del governo e del parlamento per evitare il protrarsi di situazioni di incertezza”, “in attesa di verificare come verrà riformato il terzo settore”, conclude Guariso.