«Marciamo per la nostra dignità, ma anche per quella dell’Italia e degli italiani. Cona è una vergogna e va chiusa». Non vogliono continuare a vivere in un ex caserma dove la dignità umana è ogni giorno calpestata, dove le condizioni di vita sono disumane, “dove d’inverno fa freddo e d’estate si muore di caldo”, dove si mangia male e c’è sporcizia. “No Cona“, gridano i migranti, “diritti e documenti”. E’ questo che chiedono i circa 200 richiedenti asilo che si sono messi in marcia martedì, 14 novembre, dal centro di accoglienza (Cpa) di Conetta, frazione di Cona, nella campagna veneziana. Carichi di borse o trolley sulle spalle, tirando valigie o in sella a biciclette, hanno percorso decine di chilometri al giorno, ore di cammino lungo gli argini del Brenta, secondo un itinerario stabilito dalle autorità per evitare disagi alla circolazione stradale, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine. Il tutto per andare a parlare con il Prefetto, per capire come andare oltre la protesta e trovare migliori condizioni di vita. Maggiore dignità e rispetto dei diritti fondamentali.
Dopo una notte passata in chiesa a Codevigo, il corteo dei migranti si è rimesso in strada: direzione Mira. Dopo alcuni momenti di tensione con la Polizia, nel primo pomeriggio di ieri, i richiedenti asilo sono stati bloccati a Bojon (Venezia). Per ore è andata avanti una lunga trattativa per avere un incontro con il prefetto di Venezia, Carlo Boffi. Poi la situazione si è sbloccata quando era già buio. Prefetto e questore hanno fatto presenti le difficoltà pratiche (cibo, pernottamenti, ordine pubblico) e chiesto cinque giorni di tempo per cercare di organizzare, con i tecnici dei vari enti, qualche luogo alternativo di accoglienza. Intanto, quel che è certo è che i migranti non torneranno a Cona. Questa notte sono stati ospitati al caldo in diverse parrocchie della zona. In cambio, stamani, prima di ripartire, i migranti hanno risistemato e ripulito “con estrema cura” il luogo di culto.
Intanto, undici mesi dopo la morte di Sandrine Bakayoko, la giovane ivoriana deceduta per una trombosi polmonare proprio nel Cpa di Conetta il 2 gennaio scorso (allora, era stato disposto il trasferimento in altri luoghi di oltre cento migranti), c’è stata un’altra vittima: si tratta di Traore Salif, 35 anni, anche lui ivoriano, travolto mercoledì sera mentre stava raggiungendo la marcia in bicicletta (oggi, il prefetto opta per la stessa soluzione soltanto per una quindicina di richiedenti asilo).
Il ministro dell’Interno Marco Minniti era accorso a Padova il 22 marzo scorso, dopo che a Cona si era verificato un tentativo di stupro nei confronti di una donna di 41 anni del posto, per rassicurare i sindaci sull’imminente chiusura dei centri di Cona e della vicina Bagnoli di Sopra. Ma al momento attuale le sue promesse sono cadute nel vuoto.
La società civile intanto reagisce e fa partire l’appello “Incontriamo a Venezia chi marcia per la dignità e la speranza”, sottoscritto da un gruppo di docenti, professionisti e intellettuali, perché le domande dei profughi siano ascoltate e meditate dai veneziani. «Il trattamento inumano qui subito da donne e uomini che sono in fuga da guerre, persecuzioni, cambiamenti climatici, fame e miseria, è lo specchio del fallimento di una politica che altrove mostra il volto dei respingimenti, degli accordi in Libia, delle torture e del mercato degli schiavi, della chiusura delle frontiere e della mancata ricollocazione nei diversi Paesi dell’Unione Europea».
L’invito è rivolto a tutti i veneziani, con l’avvio di alcuni hashtag quali #MarchofDignity #MarchofHope #RefugeesWelcome: «Nelle prossime ore i richiedenti asilo di Cona raggiungeranno Venezia per chiedere di essere ascoltati dal Governo. Uniamoci a loro. La nostra città ha una lunga e solida tradizione di accoglienza. Prepariamoci ad accoglierli, a ospitarli, a sostenerli in ogni forma possibile. Non possiamo lasciarli soli. Anche perché la loro battaglia è quella di tutte e tutti per la conquista di nuovi e più ampi diritti di cittadinanza. Nel ricordo di Sandrine e di Salif Traorè, marciamo anche noi per la dignità e la speranza».