La “tutela del decoro” viene prima della garanzia dei diritti delle persone. Anche a Natale. Sembra pensarla così il sindaco di Como Mario Landriscina (sostenuto da una coalizione di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia), che il 15 dicembre ha firmato un’ordinanza per “la tutela della vivibilità e il decoro del centro urbano”.
Si legge nell’ordinanza (il cui testo è disponibile qui):
“Con decorrenza immediata e fino al superamento delle situazioni di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana in premessa richiamate, con termine ultimo di 45 giorni dalla data odierna, all’interno della città murata (zona a traffico limitato) e nelle immediate vicinanze, in particolare nelle aree di mercato attigue alle mura e in viale Varese, è fatto divieto di:
- Mendicare in forma dinamica ponendo in essere forme di accattonaggio molesto ed invasivo, tali da coartare l’autodeterminazione delle persone a compiere atti di liberalità;
- Mendicare in forma statica occupando spazi pubblici anche con l’utilizzo di cartoni, cartelli ed accessori vari che arrecano disagio al passaggio dei pedoni;
E’ altresì fatto divieto di bivaccare sotto i portici dell’ex chiesa di San Francesco in largo Spallino, presso la basilica del “Crocefisso” in viale Varese, nonché in piazza San Fedele e in via Boldoni e più ampiamente sotto tutti i portici della città murata”.
Il linguaggio utilizzato nell’ordinanza meriterebbe da solo un commento, ma diamo priorità ai fatti. Perchè gli effetti di tale misura si sono visti immediatamente: domenica 17 dicembre, un gruppo di persone senza fissa dimora non ha potuto ricevere la colazione. E’ la prima volta che accade, dopo “più di sette anni”, come sottolineano i volontari che ogni mattina si recano presso l’ex chiesa di San Francesco a Como a distribuire la colazione “ma soprattutto un’occasione di relazione” alle persone – più di 150 – che dormono li fuori, perchè senza casa. “Questa mattina ci è stato proibito di farlo perché i nostri semplici gesti sarebbero contrari alla nuova ordinanza. Ci è stato detto che fino al 10 gennaio non ci è possibile portare un piccolo simbolo d’amore a queste persone, perché in vista del Natale non è decoroso”.
Certo, sentire associare al periodo natalizio la parola decoro, piuttosto che solidarietà, risulta piuttosto paradossale. Ma questo è quello che è andato in scena nel capoluogo lombardo, suscitando la rabbia dei volontari. “Una rabbia scatenata dall’ipocrisia di chi sputa sui valori più importanti. Così si aggiunge solo odio in animi già troppo feriti dalla vita. Con che scopo?”, scrivono i membri del gruppo, chiedendo “in quale specchio si guardino e cosa vedano le persone che continuano ad insultare così i poveri, non comprendendo che il problema non sono i poveri ma la povertà”. Una povertà che con misure del genere “si amplifica. Se provassimo a guardare in faccia la povertà con il desiderio di sconfiggere lei, e non i poveri, allora forse si potrebbero trovare soluzioni e pensieri che possano essere dalla parte dell’essere umano. Questo ci sembra allora il Natale: la ricerca di una possibilità, di un’umanità più dignitosa. Dignità non decoro ci aspettiamo dal nostro sindaco soprattutto a Natale, altrimenti non chiamiamolo Natale!”.
All’appello lanciato dai volontari si è unito il direttore della Caritas diocesana Roberto Bernasconi, con un duro monito: “La nostra città ha trasformato il Natale in un fatto meramente commerciale. Ha ridotto il capoluogo ad una città dei balocchi, dimenticandosi che dentro di essa esistono drammi enormi. E non mi riferisco soltanto ai profughi, che esprimono solo una parte delle povertà della nostra comunità, ma anche alle famiglie che non riescono ad arrivare ai fine mese; ai nostri anziani, sempre più soli ed emarginati nelle loro case; ai tanti giovani, insicuri e fragili nel progettare la loro vita; ad un carcere che abbiamo quasi dimenticato, che “ospita” più di cinquecento persone che lì sopravvivono, ogni giorno. Ed ecco che dentro questo quadro, ciliegina sulla torta, è arrivata un’ordinanza che, a mio avviso, mette fuori legge anche il Gesù Cristo che deve arrivare, perché è arrivato proprio in queste condizioni”, ha affermato Bernasconi, ricordando che “il Natale si fonda sull’accoglienza di Cristo, che nasce in una condizione di profugo, di emarginato”. Rivolgendosi al sindaco, il direttore della Caritas ha chiesto “un passo indietro”.
Anche Como Senza Frontiere ha chiesto al sindaco la revoca dell’ordinanza, organizzando per sabato 23 dicembre alle 10 una “bivacco solidale” proprio davanti all’ex chiesa San Francesco.
Le polemiche contro l’ordinanza travalicano i confini regionali: “L’ordinanza emanata dal sindaco di Como è deplorevole – dichiarano i membri di Cild -Coalizione Italiana Libertà e Diritti – ma consentita dalla legge. Una legge, il decreto Minniti Orlando, che è stata approvata lo scorso aprile e che abbiamo molto contestato. Una legge che prevede, tra le altre cose, proprio la possibilità di emanare ordinanze sindacali contro ‘grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana’. Questo a patto che non si ledano diritti costituzionali, quale è il diritto alla solidarietà. Nell’ordinanza non c’è alcun divieto di portare latte caldo e altri beni ai senza fissa dimora, niente che possa fermare chi intenda farlo”. Proprio per questo, la Cild “offre assistenza gratuita ai volontari ai quali sarà impedito di prestare solidarietà in forza di un’ordinanza che nulla dice al riguardo”.
Dal canto suo, il sindaco non sembra avere alcuna intenzione di tornare indietro: “Non ritirerò l’ordinanza. Sono un uomo libero, anche di sbagliare. Se la città me lo chiede, mi dimetto”.