Sono stati assolti in appello, a fine novembre, «per non aver commesso il fatto» due migranti gambiani arrestati il 5 giugno scorso, assieme ad altri due richiedenti asilo di origine nigeriana, con l’accusa di aver picchiato due autisti di un autobus di linea che avevano chiesto loro di esibire il biglietto. Per i due cittadini gambiani, la condanna di primo grado a 1 anno e 9 mesi, arrivata a luglio, è stata cancellata, con tanto di revoca della misura cautelare dopo 5 mesi e liberazione, mentre per gli altri due imputati nigeriani, la Corte d’Appello ha ridotto le pene. Eppure se andiamo a ricostruire la narrazione che ha accompagnato i fatti, la prima cosa che risalta immediatamente è, da un lato, la colpevolezza presunta a priori dei migranti coinvolti nella rissa, e dall’altro, l’approssimazione in un giudizio piuttosto sommario e affrettato.
“Como, immigrati senza biglietto aggrediscono controllori” intitolava il Giornale il 5 giugno scorso. Sulla stessa linea molti altri quotidiani dedicavano all’accaduto titoli anche più aspri. Secondo la vulgata fornita dalla stampa, un gruppo di cittadini stranieri (si parla di 10 persone, anche se alcuni quotidiani parlano addirittura di 20) che avrebbe aggredito a calci e pugni due autisti del trasporto pubblico di Como, i quali avrebbero chiesto di esibire “semplicemente” il titolo di viaggio. Nella presunta rissa scatenata, sempre secondo la versione fornita dalla stampa, nella quale i due dipendenti Asf sono rimasti contusi, le due vittime sarebbero riuscite tuttavia a fotografare («Ho scattato una foto, mentre scappavano, di spalle») gli aggressori stranieri in fuga. Grazie a quell’immagine, che ritrae “giovani africani con magliette sgargianti” (!!), la polizia li rintraccia in brevissimo tempo.
Nel giro di poche ore, vengono, quindi, fermati due cittadini nigeriani e due gambiani, accusati di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di servizio pubblico in concorso. Tutti e quattro poi processati per rito direttissimo e poi portati in carcere in attesa del giudizio.
Immediata la visita a Como del ministro dell’Interno «per solidarietà nei confronti degli autisti aggrediti da alcuni stranieri, ma anche per dimostrare con azioni concrete tutta la fermezza del nostro Governo». Così, per poche ore, l’accaduto diventa un “caso nazionale”, fatto passare come l’ultimo di una serie di violenze ai danni del personale che guida i mezzi pubblici compiute da parte di cittadini stranieri.
Il ministro non perde l’occasione per rincarare la dose e per sparare a zero su queste quattro persone, non ancora, di fatto, processate: “Non prenderanno più l’autobus a Como. Dei 4 soggetti, uno non ottemperò a un decreto di espulsione e aveva precedenti penali. Non fosse condannato martedì prossimo, sarà portato in un Centro per i rimpatri in attesa di espulsione. A un altro di questi 4 galantuomini aggressori è stata già revocata l’accoglienza, a un altro ancora con precedenti penali per droga non possiamo togliere la possibilità di fare ricorso. Era già stato arrestato per droga, ha fatto ricorso al Tribunale di Genova il 3 agosto 2017 ma da allora non c’è stata più notizia alcuna”. Affermazioni gravi e pesanti se si pensa all’assenza di una condanna definitiva. Eppure, lo stesso sostituto pg di Milano aveva chiesto di assolvere i due migranti gambiani segnalando, così come i loro difensori, che i due erano stati “riconosciuti in modo erroneo” come gli aggressori degli autisti. Uno dei quattro condannati non compare nel video che ha ripreso parte della discussione a bordo. Ma per il giudice di primo grado questa circostanza «di per sé non esclude certamente la sua presenza sull’autobus». Scrive il giudice: «Nelle immagini si vede un uomo con indosso una maglia gialla ma, per quello che è dato capire, si tratterebbe di un altro aggressore che sarebbe riuscito a dileguarsi. La circostanza che nelle immagini non si veda il C. – scrive il giudice – di per sé non esclude certamente la sua presenza sul bus» in quanto le immagini «non immortalano l’aggressione, così come non immortalano tutte le persone presenti». La presenza di C. sul luogo dell’aggressione era stata esclusa anche da una testimone, ritenuta però inattendibile (se non addirittura falsa) dal giudice.
Oggi, tuttavia, due imputati gambiani sono stati assolti con formula piena e per gli altri due sono state ridotte le pene. Si tratta di un esempio molto calzante di quanto spesso la stampa si lasci trasportare più dall’emotività che dall’oggettività dei fatti. In questo caso, anche la giustizia ha, in prima battuta, mostrato un lato poco obiettivo e dei parametri di decisione davvero molto discutibili. Una maglietta dai “colori sgargianti” e una foto presa di spalle sono stati elementi determinanti per l’accusa.
Chi ripagherà questi due giovani per il pregiudizio subito?