“L’Italia può e deve svolgere un ruolo da protagonista nella gestione europea del fenomeno migratorio. Non basta la generosità delle persone”: lo ha affermato il Presidente della Commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi, durante la conferenza di ieri “Se la via del mare finisce in stazione. Soccorrere, proteggere, accogliere, integrare”, promossa dalla Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani e dalla Comunità di Sant’Egidio. E non è solo “la collocazione geografica” a dover spingere l’Italia a prendere la situazione in pugno, con quello che Manconi definisce “uno scatto laterale di audacia e lungimiranza”: il punto è anche che le prospettive indicate – e tuttora da definire – dalle istituzioni europee dopo “estenuanti negoziati”, ultimo il consiglio europeo del 25 giugno, sono “drammaticamente distanti dallo scenario attuale”. Lo indicano i numeri: a fronte di 626.000 persone che nel 2014 hanno chiesto asilo in Europa, il Consiglio europeo ha previsto la ricollocazione – su base volontaria – tra gli stati membri di 40.000 richiedenti. Se in termini simbolici la misura rappresenta secondo Manconi “un primo passo incoraggiante”, non si può non sottolineare l’altra faccia della medaglia: ossia, il “profondo deficit e l’impasse dell’Unione europea rispetto alla realtà del fenomeno migratorio”. Una realtà con cui l’Italia dovrà fare i conti ora e negli anni a venire – come sottolineato ieri dal ministro degli affari esteri Paolo Gentiloni – e che ha da tempo assunto tratti strutturali, e non emergenziali: “se pensiamo a questo fenomeno in senso emergenziale le domande che ci poniamo sono sbagliate, e dunque anche le risposte”, ha rimarcato il presidente del comitato della Camera per la tutela dei diritti umani Mario Marazziti.
E invece, nell’ottica di questo nuovo protagonismo dell’Italia Manconi ha portato sul tavolo due ipotesi di lavoro concrete e attuabili da subito. Nel constatare “la situazione inerziale in cui ad oggi si trova il Consiglio UE, l’Italia deve stringere in autonomia accordi bilaterali con i paesi europei che già si sono mostrati disponibili ad accogliere i profughi”. Una misura, questa, che non andrebbe in contrasto con il regolamento Dublino, che prevede la possibilità di deroghe per accordi bilaterali che consentano di comune intesa la messa in atto di procedure di ricollocazione e reinsediamento. “Si tratta solo, evidentemente, di assumere l’iniziativa, cogliere le aperture e le opportunità, concentrandosi in un primo momento sui piccoli spiragli consentiti dal regolamento Dublino III, ossia un più ampio uso dei ricongiungimenti familiari” (approfondimenti qui).
La seconda proposta avanzata da Manconi “è impegnativa e delicata”, e si basa sul fatto che l’Italia è contributore netto dell’Ue, ossia “dà all’Unione più di quanto riceva”. Per questo, secondo il presidente della Commissione “nel momento in cui viene violato, come è evidente, il principio di solidarietà tra stati, con il rifiuto di una politica condivisa su migrazione e asilo, viene violato il fondamento politico e etico della stessa Ue”. Da qui, “ritengo – ha dichiarato Manconi – che l’Italia possa intraprendere l’iniziativa affinché la quota eccedente, il saldo tra ciò che si dà e quello che si riceve, venga destinato alla creazione di un fondo speciale di solidarietà, da gestire con altri paesi europei intenzionati a elaborare una politica condivisa”. La proposta “richiede una intensa conflittualità politica all’interno dell’Ue – sottolinea Manconi, che però non vede altra alternativa a “una scelta politica netta politica e coraggiosa” che porterebbe alla realizzazione concreta sia della “solidarietà tra paesi europei”, sia di quel “principio di diritto internazionale che è l’accoglienza per il richiedente asilo”; oltre a ribaltare la visione della posizione geografica dell’Italia, da “disgrazia” come viene vissuta oggi, a “opportunità”.
Anche il delegato UNHCR per il Sud Europa Laurens Jolle avanza ipotesi concrete, come la possibilità di elargire borse di studio a cittadini siriani, per consentire alle persone che scappano dalla guerra di entrare in Italia in modo legale e sicuro e tutelare l’inserimento nella società, o l’urgente necessità di snellire le pratiche delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione. “E’ importante – ha aggiunto Jolle – abolire l’accoglienza dei richiedenti asilo nei grandi centri, come i Cara, e prevedere per queste strutture una funzione di mero transito regionale per brevi periodi di tempo prima della collocazione nei piccoli progetti territoriali di cui dovrebbe essere composta la rete Sprar (servizio protezione richiedenti asilo)”. Un percorso che in realtà dovrebbe già essere presente e attuato, ma che in pratica non si realizza, costringendo piuttosto le persone a restare ferme per mesi in grandi centri, con buona pace dell’inserimento, della garanzia dei diritti e della gestione dei bisogni delle persone più vulnerabili: i minori in primis, come emerso più volte, da ultimo durante la recente ispezione a sorpresa effettuata dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni dei migranti nei centri di accoglienza al centro per minori stranieri di Giarre, in provincia di Catania (per info vedi qui). Situazioni che sarebbero evitabili con un “serio sistema di monitoraggio dell’accoglienza, attualmente assente, come dimostrano anche le ultime inchieste su Mafia Capitale”, ha sottolineato Jolle, che rimarca anche come “le riforme dell’asilo in Italia non siano più procrastinabili” (qui la posizione espressa tempo fa dall’Unhcr). Riforme necessarie anche a fronte del “momento storico cruciale” in cui ci si trova, che vede da una parte un “numero record di persone che fuggono da guerra e persecuzioni, arrivate a fine 2014 a quasi 60 milioni in tutto il mondo” e dall’altra “un sistema di protezione per rifugiati, faticosamente raggiunto, sempre più messo in discussione. Se i profughi dormono sugli scogli o nelle stazioni all’interno dei paesi europei, l’Europa deve fare una riflessione sulle proprie mancanze e sulla propria opposizione all’accoglienza, impensabile anche a fronte del ruolo internazionale che vuole ricoprire”. Un’Europa, va ricordato, che accoglie un numero molto inferiore di persone rispetto a singoli paesi africani o del Medio Oriente – come il Libano o il Kenya, ad esempio – nonostante il sentimento popolare diffuso sovrastimi la presenza migrante. “E’ una manifestazione di paura” ha affermato Andrea Riccardi, presidente della Comunità di Sant’Egidio, “la drammatizzazione del problema da parte dei mezzi di informazione, e l’assenza di informazione reale e non sensazionalista sulla realtà di queste persone, disorienta la gente, che si trova priva di agenzie facilitanti la comprensione di questo fenomeno”. Un’informazione corrispondente alla realtà, e non rispondente alla creazione di quello che Marazziti chiama “il circuito dell’angoscia”, è quantomai urgente: “ad esempio, occorre dire una volta per tutte che i famosi soldi che verrebbero dati ai migranti in realtà vanno alle cooperative che vincono gli appalti per la gestione dei centri, eccetto 2.50 euro. Che spesso vengono dati come servizi interni ai centri: ad esempio, nel Cara di Mineo vengono elargiti in sigarette. Anche a chi non fuma”, ricorda Marazziti (per approfondimenti sul Cara di Mineo si veda, tra gli altri, il rapporto di Medu).
Un ruolo, quello dei media, rimarcato anche dal ministro Gentiloni, che definisce “indecente” parlare di “invasione” di fronte a quanto sta succedendo. “Dobbiamo lavorare per gestire meglio questo fenomeno, che ha tra l’altro effetti positivi sui nostri bilanci pubblici e dal punto di vista della forza lavoro”. Gli fa eco il sottosegretario con delega agli affari europei Sandro Gozi, che ammette: “non abbiamo saputo governare questo fenomeno – che abbiamo invece subìto – a causa di scelte politiche nazionali sbagliate e dell’assenza di politica europea. Ora dobbiamo insistere sull’accoglienza, eticamente giusta oltre che utile per la nostra economia, e combattere con una giusta informazione l’Europa della paura e del fastidio, e della demagogia che le crea e cavalca. Anche ricordandoci di un aspetto: se l’Italia fosse colpita da uno solo dei drammi che gravano sui paesi da cui queste persone fuggono, non vorremmo che ci venisse data una possibilità di salvezza?” Gli fa eco Marazziti , che riprendendo il titolo del convegno sottolinea: “Quando parliamo del fenomeno migratorio in generale, e dei profughi in particolare, parliamo appunto di Soccorrere, proteggere, accogliere, integrare. Non ci riferiamo quindi a un problema di ordine pubblico. Deve essere chiaro a livello nazionale, e nell’ottica di una efficace politica internazionale”.