“Nessuna collusione tra Ong e organizzazioni di trafficanti”. Così, dopo giorni di accuse, si è espressa la Commissione Difesa del Senato. Il ciclo di audizioni che si sono tenute in merito alla questione sollevata inizialmente dal procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, il quale evidenziava dei possibili legami tra trafficanti e ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare, si è quindi concluso con una smentita. Clamorosa, verrebbe da dire guardando alla campagna mediatica e politica che si è sviluppata attorno al tema, e che aveva costretto le ong in questione a prendere una netta posizione di smentita. Non ci difendiamo, non abbiamo nulla per cui difenderci. Anzi, chiediamo che vengano compiute tutte le indagini utili a fare chiarezza, affermavano recentemente in una conferenza stampa, evidenziando come sia proprio la mancanza di politiche per l’ingresso legale e sicuro a costringere le persone a utilizzare i canali – costosi e rischiosi – dei trafficanti.
Gli accertamenti hanno portato a quanto si asseriva da tempo: non c’è alcun legame tra le ong e i trafficanti.
Ciononostante, la Commissione ha comunque evidenziato una posizione contraria alle operazioni di ricerca e soccorso in mare, specificando che “in nessun modo può ritenersi consentita dal diritto interno e internazionale, né peraltro desiderabile, la creazione di corridoi umanitari da parte di soggetti privati, trattandosi di un compito che compete esclusivamente agli Stati e alle organizzazioni internazionali o sovranazionali. Viceversa, i privati, se opportunamente inseriti in un contesto saldamente coordinato dalle autorità pubbliche possono fornire un apporto significativo e costruttivo”. Dichiarazioni contenute nella relazione conclusiva della Commissione, e con le quali le prime a essere d’accordo sono proprio le ong: del resto – va sottolineato – è proprio l’inadeguatezza dell’intervento degli stati ad aver sollecitato l’attivazione delle organizzazioni non governative in tali operazioni. Mentre è già attivo un coordinamento tra ong e autorità pubbliche, come sottolineato da Msf nella conferenza stampa.
Il presidente della Commissione Nicola La Torre ha inoltre sottolineato che “tutti i procuratori che abbiamo ascoltato ci hanno espresso la necessità di poter iniziare subito le indagini contestualmente al salvataggio dei migranti”, il che tradotto in pratica significa prevedere la possibilità di “imbarcare sulle navi agenti di polizia giudiziaria che possano provvedere a tali operazioni”, con rifermento alle indagini legate alla presenza di trafficanti e scafisti. “Pur comprendendo la posizione delle Ong che non sono favorevoli alla presenza di polizia a bordo, non vedo perché le organizzazioni umanitarie dovrebbero rifiutarsi di condividere delle nuove regole”.
La presenza di polizia a bordo stravolgerebbe, di fatto, il carattere umanitario delle operazioni.
Rispetto alle regole, invece, in realtà sono state proprio le ong a sollecitarle: è il caso ad esempio della cosiddetta white list, una sorta di registro che consentirà di conoscere i finanziamenti delle Ong e la composizione degli equipaggi.
Le polemiche, dunque, per ora si chiudono, ma i danni provocati da un dibattito pubblico e mediatico distorto, teso a deligittimare la credibilità e le attività delle organizzazioni coinvolte nelle operazioni di soccorso in mare, purtroppo restano.