La Prefetta di Roma, ha definito quella di ieri, senza pudore, un’”operazione di cleaning”. In un paese che mantenesse ancora davvero un minimo di dignità, la Prefetta, il Ministro dell’Interno, l’Assessora alle politiche sociali e la Sindaca di Roma sarebbero costrette a dimettersi.
Ma sappiamo che così non sarà.
Cleaning: una “pulizia” vigliacca che ha letteralmente spazzato via a suon di idranti e manganelli da una piazza 150 persone, tra donne, uomini e bambini, come fossero rifiuti.
Bisognava “farli scomparire” a tutti i costi, in nome della “legalità”: 13 feriti, decine di persone che nello sgombero improvviso hanno perso le loro cose e persino i documenti. Dopo lo sgombero del palazzo in via Curtatone del 19 agosto, in centinaia si trovano per strada, ad eccezione delle 28 che, sembra, hanno accettato le soluzioni alternative temporanee offerte dal Comune.
E per mettersi in salvo sono costrette a rendersi invisibili.
Tutto ciò con la complicità di agenzie di stampa, quotidiani e telegiornali, pronti a diffondere la versione del potere secondo la quale “Ieri gli aggrediti, fino a prova contraria sono stati i poliziotti”, rimbalzata in tv con le immagini della bombola di gas lanciata dallo stabile occupato.
Ci vuole un bel coraggio.
L’Assessora e la Sindaca non sono state da meno: irreperibili. Non si sono proprio fatte vedere, né sentire. Del resto uno sgombero fatto ad agosto aiuta a declinare ogni responsabilità e si spera passi inosservato. Per fortuna così non è stato. Grazie agli attivisti e ai giornalisti accorsi sul posto, adesso le “pulizie romane” le conoscono in tutto il mondo. Le persone sgomberate il 19 agosto e ieri non sono però rimaste sole.
“Sui sampietrini di via Montebello, per strada, si è mangiato tanto bene, l’acqua non è mai mancata, e venivano continuamente scaricate cassette di bibite energetiche, i mediatori aiutavano a capire cosa stava succedendo, il supporto psicologico non si è mai fermato, si trovavano ovunque persone ben disposte a parlare e ad abbracciare, in molti hanno aiutato a calmare le acque e a rendere la giornata assolutamente pacifica,” racconta Sara di Lunaria. “E la solidarietà è arrivata soprattutto da chi avrebbe dovuto riceverla”, aggiunge.
Alcuni attivisti, sempre insieme ad alcune delle persone sgomberate, si sono preoccupati di riunire le poche cose recuperate in fretta e furia e di cercare uno spazio dove conservarle. Due furgoni sono stati affittati da Medici senza Frontiere e da Unhcr. Kevin, piccolo imprenditore edile, ha lasciato il posto di lavoro con il suo furgone per dare una mano, così come Walter, venditore ambulante, partito apposta da Gerano. Il tutto trasferito nella sede di un’associazione appena nata, Nonna Roma, sulla via Prenestina.
Ma di che cosa stiamo parlando davvero?
Stiamo parlando di un immobile occupato da anni che già nel 2015 figurava nell’elenco del Ministero dell’Interno tra quelli da sgomberare a qualsiasi costo, occupato non per gusto ma per necessità e abitato da centinaia di rifugiati eritrei, somali e etiopi, molti dei quali in Italia da anni e riconosciuti come rifugiati.
Di famiglie in cui i genitori lavorano e i bambini vanno a scuola regolarmente. In gioco non c’è, dunque, l’accoglienza, ma soprattutto quello che succede (o meglio dovrebbe succedere) dopo, a chi ha il privilegio di ottenere l’asilo.
Perché vivevano lì?
Perché non erano riusciti a trovare una casa in uno dei mercati immobiliari che a tutt’oggi è uno dei più costosi del paese.
Perché anche chi tra gli ex occupanti è riuscito a ottenere un buono casa, non ha trovato un contratto di affitto accessibile.
Perché sono ancora in tanti a non affittare ai cittadini “neri” e stranieri: sì, qui e ora, a Roma, nel 2017.
Ma soprattutto perché nella capitale, come nel resto del paese, le politiche di edilizia residenziale pubblica non esistono più. E dovunque tu sia nato, che tu sia italiano o straniero, se non hai un lavoro che ti consente di pagare un affitto salato, sei abbandonato a te stesso.
E se non vuoi dormire per strada o sotto i ponti, l’unica alternativa è entrare in un’occupazione.
Secondo l’Unione Inquilini negli ultimi tre anni sono state presentate a Roma 3.000 domande per una casa popolare, nel 2015 e nel 2016 ne sono state assegnate solo 774. A giugno 2017 le famiglie iscritte alla graduatoria Erp erano ancora 10.516. Gli sfratti per morosità sono in media dodici ogni giorno. Ce lo ricorda oggi su il manifesto Roberto Ciccarelli.
Allora il problema sta in gran parte qui. E né idranti né manganelli lo risolvono.
Quelli, servono solo a seppellire sotto la finta coltre del decoro e della legalità il diritto che tutti noi abbiamo a vivere una vita decente.