Ieri mattina, all’alba, è arrivato (come annunciato “profeticamente” dai media) anche lo sgombero di Chez Jesus – Rifugio Autogestito a Claviere (Alta Val di Susa) sul confine tra Italia e Francia. I locali seminterrati della parrocchia, lo ricordiamo, erano stati occupati nel mese di marzo da alcuni anarchici italiani e francesi, che avevano realizzato all’interno delle “opere di consolidamento” di porte e finestre finalizzate ad impedire o ritardare eventuali operazioni di sgombero, come ha precisato con dovizia la stampa.
«Stanno sgomberando il rifugio e stanno distruggendo tutto. Accorrete», hanno annunciato ieri sulla pagina Facebook gli attivisti, ma l’appello è quasi caduto nel vuoto. L’ingente dispiegamento di Polizia e Carabinieri ha avuto la meglio. Le forze dell’ordine sono entrate nel rifugio e hanno devastato ogni cosa. Per scongiurare nuove occupazioni, intanto, la zona resta presidiata a vista giorno e notte.
Uno sgombero fortemente caldeggiato dal Ministro dell’Interno (anche alla luce della sua recente circolare, ndr). Ma contro l’occupazione della chiesetta, già settimane fa si era levata la voce del parroco, Don Angelo Bettoni, che definiva “insostenibile” la situazione e la “gestione” degli attivisti No Borders che agivano, secondo lui, nell’illegalità. Contro, è sempre stato anche il sindaco Franco Capra, il quale ha dichiarato, quasi con un senso di “liberazione”: “Lo sgombero era doveroso anche per una questione di sicurezza e igiene. Essere contro le frontiere può essere giusto, ma far entrare illegalmente in Francia i migranti non ha senso: una volta individuati vengono rimandati indietro. In più, tra gli occupanti c’erano poche persone convinte di lottare per il bene dei migranti. Tante, invece, li strumentalizzavano per affermarsi contro il sistema”.
Ma il resto del coro dei contrari non sposta di una virgola la questione. Anzi, nessuno cerca di guardare oltre il proprio naso. E cosi si susseguono dichiarazioni dal gusto di proclami da campagna elettorale, oramai perennemente in corso. “Lo sgombero ha messo fine a una situazione di illegalità intollerabile”, commentano, per Fratelli d’Italia, la parlamentare Augusta Montaruli e il dirigente nazionale Maurizio Marrone. “I nostri paesi non diventino accampamenti di confine per stranieri. Si vigili per evitare che episodi simili si ripetano”, aggiunge il segretario torinese della Lega, Fabrizio Ricca. La parlamentare di Forza Italia Daniela Ruffino definisce lo sgombero “una rondine”, sostenendo che “la primavera può arrivare solo con la fine dell’assedio No Tav al cantiere di Chiomonte della Torino-Lione”. Invita infine a riflettere “sulle responsabilità di molti esponenti della Val di Susa che hanno ignorato la pericolosa presenza di anarchici e centri sociali”, Osvaldo Napoli, anche lui parlamentare di Forza Italia.
Gli agenti hanno identificato 18 persone: quindici sono “anarchici” (riferiscono fonti di polizia), di cui nove italiani e sei francesi; ma ci sono altri ricercati dalla Digos, che potrebbero essere scappati prima dell’arrivo delle forze dell’ordine. All’interno del rifugio, anche tre migranti: due cittadini marocchini e uno gambiano. Per uno di loro è scattata l’espulsione; gli altri, richiedenti asilo, sono stati rilasciati.
L’associazione Rainbow4Africa, da Bardonecchia, stigmatizza “il modo in cui le forze dell’ordine si sono presentate a Claviere, in tenuta antisommossa e con blindati, con l’ariete per sfondare la porta, quasi fosse in corso un’azione antiterrorismo, e non un intervento di sgombero di volontari in azione di aiuto verso i più deboli”.
L’inverno è alle porte, mentre si continua a sgomberare. Questo luogo, un rifugio in tutti i sensi, è stato un punto di riferimento determinante per le centinaia di persone che lo hanno attraversato: per non perdersi sulla montagna e rischiare di morire.
Ma è così facile scaricare la “colpa” sui “soliti buonisti”, in questo caso attivisti e volontari, invece di richiamare le responsabilità politiche di chi, al contrario di quei “buonisti” al limite con la legalità, ostacola la libertà di movimento, innalza muri, chiude frontiere e porti, alimentando un circolo vizioso fatto di esclusione e razzismo.
Intanto, sui social e nelle chat degli attivisti “no border” è partita una chiamata per una manifestazione in solidarietà quest’oggi e nei prossimi giorni nel piccolo paese dell’Alta Valsusa.