‘A seguito dei fatti di Parigi numerose segnalazioni ci sono arrivate da colleghi e utenti: sono diversi i casi di testate che hanno alluso, in maniera più o meno diretta ai possibili legami non verificati di gruppi di persone o singoli individui (talvolta pubblicando nomi e foto) col terrorismo di matrice islamica, senza affiancare alle tesi sostenute alcuna prova. Legami che in alcuni casi si sono rivelati inesistenti‘. Lo scrive l’associazione Carta di Roma, denunciando la ‘strumentalizzazione del termine “clandestino”, spesso associata all’aggettivo “musulmano”‘: sulle pagine e sui siti web di molti quotidiani, infatti, in questi giorni ‘il richiedente asilo, il rifugiato è stato a volte trasformato in “clandestino musulmano” e associato, senza alcun fondamento, al terrorismo jihadista’.
Un atteggiamento su cui Liana Vita ha proposto una riflessione, pubblicata su Il Manifesto. «I “clandestini musulmani” di cui si parla – scrive Vita, giornalista autrice del pezzo – sarebbero alcuni delle migliaia di profughi siriani arrivati in Italia nel corso degli ultimi mesi dopo aver attraversato il Mediterraneo rischiando la vita sui barconi partiti dalla Libia o dall’Egitto. […] Profughi, dunque, richiedenti asilo, potenziali rifugiati. E probabilmente, se a qualcuno l’informazione risultasse preziosa, musulmani, è vero».
Segnalando l’articolo – che si può leggere qui – Carta di Roma richiama i giornalisti ‘a una maggiore attenzione e responsabilità affinché si faccia uso di una terminologia corretta e appropriata, e si evitino facili strumentalizzazioni alle quali raramente corrisponde un’informazione accurata e basata su fatti e dati reali’.