Una persona nata in Italia, e che vi abbia vissuto continuativamente sino a diciotto anni, ha diritto alla cittadinanza anche qualora manchi per alcuni anni l’iscrizione anagrafica: lo ha sancito il Tribunale di Reggio Emilia, accogliendo il ricorso presentato da un ragazzo contro il Comune di residenza.
Il giovane, nato in Italia da genitori di origine straniera, ha vissuto in Italia sino alla maggiore età. A seguito del trasferimento della famiglia da un Comune all’altro dell’Emilia Romagna, è venuta meno per un periodo di quasi tre anni la continuità della registrazione all’anagrafe. Per questo il Comune di residenza del ragazzo ha deciso di negargli la cittadinanza, ai sensi dell’art. 4 c.2 della legge n. 91/92. Considerando il lungo periodo di tempo in cui è mancata l’iscrizione all’anagrafe, l’amministrazione non ha rilevato i presupposti per un’interpretazione estensiva dei requisiti necessari, così come indicato nelle circolari K60.1 dd. 5 gennaio 2007 e K. 64.2/13 del 7 novembre 2007.
Il giovane ha fatto ricorso, sottolineando come la sua presenza in Italia anche nel periodo contestato può essere dimostrata da numerosi documenti scolastici e sanitari. Il Tribunale di Reggio Emilia ha ritenuto la documentazione adeguata, evidenziando come, in questo caso, la mancata adozione di rigidi automatismi nel diniego della cittadinanza corrisponderebbe alla finalità di “garantire la positiva conclusione del percorso di inserimento per i bambini stranieri nati nel nostro territorio”, così come espresso nelle circolari sopra richiamate. A tal fine, il Tribunale ha dunque decretato come ammissibile una lettura non restrittiva delle raccomandazioni contenute nelle circolari, quando la documentazione prodotta evidenzi la inequivocabile permanenza continuativa ed effettiva del minore straniero sul territorio italiano.
Sulla base di queste considerazioni, il Tribunale di Reggio Emilia, con decreto depositato il 31 gennaio 2013, ha sancito per il ricorrente il diritto di ottenere la cittadinanza italiana.