Attualmente, la cittadinanza italiana si basa principalmente sul principio dello ius sanguinis, ossia si passa di genitore in figlio/a.
Per quanto riguarda le persone di origine straniera, possono inoltrare domanda di cittadinanza dopo dieci anni di residenza consecutiva in Italia. Se invece la persona è nata in Italia, ma da genitori stranieri, dovrà attendere il compimento dei 18 anni per inoltrare richiesta di cittadinanza. (Per maggiori info clicca qui).
Da tempo, il dibattito sullo ius sanguinis è particolarmente acceso: da più parti, prima di tutto dalla campagna “L’Italia sono anch’io”, si è levata la richiesta di una modifica della normativa a favore delle persone nate qua o arrivate da piccole, e che quindi hanno seguito un percorso educativo in Italia.
Nonostante questa situazione, secondo la Lega Nord “prendere la cittadinanza in Italia è diventato troppo facile”.
In una nota, la sezione di Bergamo del Carroccio riporta che, mentre nel 2010 in tutta la provincia erano diventati italiani per residenza 258 cittadini stranieri, negli ultimi sei mesi sarebbero già oltre 400. Un aumento che secondo la Lega non sarebbe dovuto solo “al crescente numero di immigrati presenti negli ultimi 10 anni, ma piuttosto la causa sarebbe individuata nell’eliminazione del colloquio che gli stranieri richiedenti la cittadinanza devono affrontare per valutarne il buon grado di integrazione”.
Il gruppo bergamasco fa riferimento alla circolare del 5 aprile scorso, con cui il Ministero dell’interno ha abolito il colloquio, per sveltire i tempi di trattazione delle pratiche. L’eliminazione del colloquio sarebbe stata pensata anche per provare a abbassare il livello di discrezionalità in una decisione così importante per il futuro di una persona: la cittadinanza viene infatti “concessa”, come si legge nella normativa, e quindi la decisione è a discrezione del funzionario che tiene il colloquio nelle Questure.
Su questo aspetto ha insistito anche il segretario provinciale della Lega Nord di Bergamo Daniele Belotti: “Al Viminale, per la gioia della buonista ministra Kyenge, dimenticano che la cittadinanza per residenza (art.9, legge 5 febbraio 1992, n. 91) non è un diritto soggettivo della persona ma una concessione dello Stato, che può valutare discrezionalmente se lo Stato stesso e la comunità nazionale hanno interesse ad accogliere il nuovo cittadino richiedente che abbia dato prova di buon grado d’integrazione, oltre che a non essere un potenziale pericolo per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale”.
Sulla questione sicurezza la circolare in realtà ha mantenuto tutti i paletti precedenti: è stato eliminato il colloquio, ma le Questure dovranno comunque fornire “le informazioni riguardanti la regolare presenza sul territorio nazionale dello straniero richiedente la cittadinanza e dei familiari, la posizione giudiziaria, nonchè ogni altra notizia rilevante sotto il profilo della sicurezza”.
“Per accelerare i tempi di concessione della cittadinanza viene escluso un elemento fondamentale, quale il livello di integrazione, che valuta la conoscenza della lingua italiana e dei principi fondamentali del nostro ordinamento e della nostra cultura – si legge nella nota della Lega Nord – Si apre alla cittadinanza facile come soluzione più comoda all’inefficienza burocratica statale, creando di fatto nuovi cittadini potenzialmente analfabeti e non integrati”.
Immediata la replica di Orazio Amboni, responsabile del Dipartimento Immigrazione della CGIL di Bergamo: “È bene che il segretario Daniele Belotti si informi meglio prima di scrivere. Le cittadinanze rilasciate a stranieri negli ultimi sei mesi – precisa Ambroni – sono relative a persone presenti in Italia da più di dieci anni”. Inoltre, “le concessioni di cittadinanza di cui si lamenta il segretario della Lega Nord di Bergamo sono da mettere in relazione ai successivi provvedimenti di sanatoria avvenuti negli anni, quando al Governo c’era il suo partito e al Ministero dell’Interno l’attuale segretario del suo partito (Roberto Maroni)”.
Ambroni denuncia inoltre la lentezza burocratica della risposta alla richiesta di cittadinanza: “A Bergamo ci vogliono almeno cinque anni di attesa, contro i due previsti dalla normativa, per ottenere la cittadinanza. E’ facile comprendere come il colloquio, abolito perché si è dimostrato uno strumento inefficace per valutare il grado di integrazione, non c’entri proprio nulla con l’aumento del numero di cittadinanze rilasciate”.
Secondo Ambroni, per verificare il grado di “integrazione” sarebbero più utili i controlli che spesso “Questura e Carabinieri hanno fatto per anni senza aspettare le parole della Lega Nord: la frequenza dei figli a scuola, il legame col proprio quartiere e il rispetto concreto di regole di convivenza, l’inserimento lavorativo, la partecipazione ad associazioni sportive o di solidarietà… Criteri – sottolinea Ambroni – che se applicati ai nostri concittadini, potrebbero riservarci qualche sorpresa”.
Solo su una cosa Ambroni concorda con la Lega Nord: la scarsità del personale delle Questure. “Siamo la quinta provincia d’Italia per immigrazione, ma il personale che dovrebbe evadere le pratiche è pochissimo e, spesso, precario, con contratto rinnovato anno per anno. Ciò costringe i migranti a lunghe attese, anche se negli anni si è fatto molto per ridurre i disagi, decentrando ai Comuni e ai Patronati una parte delle pratiche”.
Sulla questione, il gruppo leghista di Bergamo ha dichiarato di voler “attivare i suoi parlamentari”, per chiedere il ripristino dei colloqui, il potenziamento del personale delle Questure e, “vista la mole di lavoro necessaria, l’aumento degli importi relativi al contributo per il rilascio del permesso di soggiorno elettronico”.
L’importo attualmente richiesto per il rilascio del documento varia tra gli 80 e i 200 euro.