“Vi dico perché quella legge è una catastrofe”; dalle pagine di “Libero”, Souad Sbai, ex-deputata per il centrodestra, si produce in un prevedibile esercizio sull’immaginario del “turismo delle nascite”: un genere (bipartisan) collaudato e banale. E quindi la rappresentazione di un’orda di “migliaia di famiglie pronte a partire, con i loro familiari, nella certezza di ottenere facilmente vantaggi quali gli inserimenti e le cittadinanze facilitate”. Risparmiamo al lettore la sfilza di allarmi sanitari, sociali, morali e varie calamità ordite in un complotto che vede federati il governo, i “buonisti”, la sinistra, il PD. Ma almeno due spunti dell’intervento di Sbai vanno segnalati.
Il primo: la prospettiva di una “crescita esponenziale in tempi estremamente brevi”, rappresentata come una minaccia mortale in un paese che invece è assai prossimo al collasso demografico, e che ora che il flusso di immigrati, per lo più giovani lavoratori, declina sensibilmente – come da statistiche ufficiali – rischia di vedere diminuita considerevolmente in pochi decenni la sua popolazione.
Se Sbai si fosse accostata alle elaborazioni di quei buonisti comunistacci dell’ISTAT e della Banca d’Italia avrebbe trovato estremamente rassicurante, a fronte dell’invecchiamento della popolazione italiana, la prospettiva, purtroppo lontana, di una ripresa dei flussi migratori.
Ma la giornalista non sembra avere un buon rapporto con i dati numerici: spiegando che “dai salotti buoni la realtà si vede difficilmente”, ci rivela che “da oltre un anno, al 60% delle bambine maghrebine di seconda e terza generazione viene negata la possibilità dalle proprie famiglie di frequentare la scuola dell’obbligo. Isolate socialmente, preda facile dei cattivi maestri dell’estremismo e delle spire della radicalizzazione”; si tratterebbe, si conclude in modo doppiamente oscuro (nel senso che non si capisce bene e che allarma oltremodo), di “una parte integrante del progetto politico della fratellanza musulmana”. Il 60%. Il sessanta-per-cento. Approssimativamente, 30.000 bambine e ragazze segregate in casa.
Chi abbia compiuto lo slalom tra i paletti di una sintassi accidentata, ha di che rimanere sbalordito di fronte a tale apocalissi non falsificabile (e perciò difficilmente credibile). Viene fornita una cifra precisa, ma con due limitazioni che rendono difficile il controllo delle fonti (non dichiarate da Sbai, che avrà le sue buone ragioni per tacerle): si parla delle famiglie di seconda e terza generazione; e il fenomeno viene riferito all’ultimo anno. Dato che i numeri delle statistiche più dettagliate, forniti nel marzo 2017 risalgono all’anno scolastico precedente rispetto a quello appena finito (2015/2016), e che è impossibile scorporare le famiglie di seconda e terza generazione rispetto alle prime (qualsiasi cosa ciò significhi), è impossibile dimostrare che la cifra agitata da Sbai sia falsa. Potenza dell’approssimativo, dell’immaginario, dell’inventato di sana pianta, della cecità ideologica o di qualsiasi altra motivazione a fornire dati non falsificabili, e perciò non smentibili perché non provabili. Né probabili, per quello che si sa di certo.
I dati del Ministero, contenuti nella pubblicazione del Ministero dell’Istruzione “Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano 2015/2016”, da ciascuno facilmente raggiungibili, danno un’idea dettagliatissima degli inserimenti nelle scuole degli allievi di cittadinanza non italiana. Ma non ci sono dati distinti tra maschi e femmine, e non ci sono i riferimenti alle presenze anagrafiche, per poter risalire alla percentuale delle femmine eventualmente segregate in casa. Per fortuna soccorre una pubblicazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, “La comunità marocchina in Italia. Rapporto annuale sulla presenza dei migranti. 2016”. Anche qui si tratta di dati dettagliati e certi, ma fermi al 2016. Qui, a p.36, veniamo a sapere, su dati del MIUR, le femmine incidono per il 47,9% sul totale dei cittadini marocchini iscritti nelle scuole, e risultano proporzionalmente distribuite per ogni grado di scuola: esattamente la stessa percentuale riportata a p. 32, riguardante il rapporto delle femmine rispetto al totale dei minorenni provenienti dal Marocco. La percentuale delle femmine iscritte nelle scuole è lievemente superiore alla percentuale che riguarda tutte le femmine di cittadinanza non italiana, il 47.6%. Come fare a capire da questi numeri se una certa quota di bambine e ragazze (il 60%!) non viene iscritta a scuola? Dovremmo avere a disposizione le fasce d’età da 5 a 19 anni, ricavarci la somma delle femmine di quelle fasce e confrontarla con le iscritte a scuola: che dovrebbero risultare in quantità un po’ inferiore, per via della dispersione scolastica. Mancano però a livello nazionale le indicazioni per fasce d’età. Per una stima attendibile, abbiamo usato i dati di un campione monitorato da 22 anni nella parte centrale della Toscana. Ecco i risultati: nel campione, le ragazze del Marocco tra i 5 e i 19 anni risultano il 67,77% delle minori iscritte in anagrafe (dati aggiornati l’1 gennaio 2017); le iscritte a scuola risultano qui lievemente di più; per una scarsa dispersione locale, qualche ritardo scolastico e la presenza a scuola di ragazze in attesa della residenza. Da rilevare che su questo campione i maschi iscritti a scuola sono invece in proporzione di meno.
Se riportiamo la percentuale ai dati nazionali del 2016, abbiamo: femmine minori iscritte all’anagrafe 77.274. Stima delle femmine tra i 5 e i 19 anni: 52.369. Iscritte a scuola: 48.934. Mancano 3425 iscrizioni, il 6,54% del totale: una quota fisiologica, più bassa di quelle rilevate per altri insiemi. Per i maschi, questa differenza è del 5,47%, ed è anch’essa in linea con altri dati riguardanti altri insiemi e non i ragazzi provenienti dal Marocco. Difficile ipotizzare una segregazione in casa, lavorando sui dati. Per giungere al 60% delle segregate, dovrebbero mancare oltre 30.000 iscritte.
I casi sono due: o nell’ultimo anno c’è stato a livello nazionale un tracollo di iscrizioni di bambine provenienti dal Marocco, non ancora registrato dal Ministero ma noto alla sig.a Souad Sbai, oppure siamo di fronte a una tecnica raccomandata, nel romanzo “I buoni” di Luca Rastello, dal personaggio don Silvano: “se non sai cosa dire, spara i numeri…convincono tutti e non li controlla nessuno” (p.113).
Abbiamo verificato, su dati in nostro possesso aggiornati a gennaio 2017 e riguardanti un campione significativo di comuni, gli iscritti a scuola, per nazionalità e genere: le bambine di cittadinanza marocchina iscritte a scuola risultano, in questo campione, più dei maschi, in lieve aumento rispetto all’anno scorso, e soprattutto in piena proporzione con i dati anagrafici sulle classi di età interessate (abbiamo scelto quelle dai 4 ai 19 anni). Anzi, in alcuni casi sono più le iscritte a scuola che quelle all’anagrafe, per motivi ben noti a chi guardi a questi fenomeni cercando di capirli. Non sono ancora dati ufficiali, e non vogliamo generalizzarne gli esiti: ma ci confortano nella nostra impressione di totale inaffidabilità della presunta informazione fornita da Sbai, e aumentano la nostra costernazione nei confronti di alcuni usi maldestri di cifre non dimostrabili per procurare allarmi di cui il minimo che si possa dire è che non aiutano a capire di che si stia parlando.
Detto questo, aspettiamoci che la cifra sparata venga ripresa i prossimi giorni, e da più parti. Non sarebbe la prima volta. E qualcosa quest’usanza vorrà dire.
Giuseppe Faso